Il caso di Giuseppe Pedrazzini continua ad essere un giallo. Mentre proseguono le indagini incentrate sui suoi familiari – alla luce della recente confessione della moglie Marta – ci si domanda come sia finito il 77enne in fondo ad un pozzo a Toano (Reggio Emilia) ma soprattutto come sia morto. Il caso sarà oggi al centro della nuova puntata di Quarto Grado ma nel frattempo emergono le parole del Gip Dario De Luca relative alla sua ordinanza con la quale il 16 maggio scorso pur non convalidando i fermi ha comunque disposto le misure cautelari dell’obbligo di firma e di dimora per il genero Riccardo Guida, la figlia Silvia Pedrazzini e la moglie Marta Ghilardini, tutti accusati di soppressione di cadavere e truffa.
Secondo il gip – scrive Fanpage.it – tutti e tre i familiari avrebbero tenuto comportamenti terribili nel totale disprezzo della morte di Giuseppe Pedrazzini, trovato lo scorso 11 maggio ormai senza vita in fondo ad un pozzo vicino alla loro abitazione. Sebbene l’uomo fosse scomparso da tempo, i familiari avrebbero continuato a percepire la sua pensione senza denunciarne la sparizione. Di tutti e tre il giudice ha sottolineato che “specifiche modalità e circostanze del fatto dimostrano un assoluto disprezzo per la persona e gli stessi vincoli familiari”, oltre a una “spiccata capacità di delinquere”.
Giuseppe Pedrazzini, cosa scrive il Gip rispetto ai tre familiari
Parole molto forti quelle che giungono dal Gip in riferimento al caso di Giuseppe Pedrazzini. L’uomo, secondo l’autopsia non sarebbe morto annegato. Lo stesso giudice ha inoltre sottolineato rispetto ai tre indagati: “Si consideri che si sono verosimilmente determinati a compiere le turpi condotte a loro addebitate all’esclusivo fine di continuare a percepire senza titolo la pensione del defunto”.
Indipendentemente dalle cause della morte – naturale o accidentale – secondo il giudice “risulta inequivoco che il comportamento tenuto da mesi dei tre fermati comprovi in capo a ciascuno la consapevolezza dell’intervenuto decesso del congiunto”. Tra i tanti interrogativi, ci si chiede ancora chi abbia messo il masso di circa 120 chili a coprire il pozzo nel quale era finito il 77enne. Inoltre, stando a quanto emerso e reso noto da Fanpage.it, pare che prima che il cadavere di Giuseppe Pedrazzini venisse trovato, gli stessi parenti avrebbero inviato delle mail ai carabinieri facendo apparire l’uomo come mittente.