INDAGATO L’EX PROCURATORE DI ROMA PIGNATONE: “FAVOREGGIAMENTO DELLA MAFIA E INSABBIAMENTO INCHIESTA MAFIA-APPALTI DEL 1992”

Il Presidente del Tribunale in Vaticano, nonché ex procuratore di Roma e Palermo, Giuseppe Pignatone è indagato per favoreggiamento dei boss e presunto insabbiamento dell’indagine mafia-appalti del lontano 1992: la notizia è emersa oggi dalla Procura di Caltanissetta che da tempo indaga sul quell’ultima inchiesta per la quale lavorava il giudice Paolo Borsellino poco prima di rimanere ucciso nell’attentato di Via D’Amelio. Secondo i pm nisseni, Pignatone si sarebbe macchiato di favoreggiamento della mafia nel pieno di una lunga carriera passata a combattere moltissime battaglie contro i clan di Cosa Nostra nelle varie procure dove ha lavorato.



In particolare, secondo il quadro indiziario in mano alla Procura di Caltanissetta, Pignatone avrebbe di fatto “favorito” i boss palermitani Antonino Buscemi e Francesco Bonura, oltre a tessere i rapporti dell’allora gruppo Ferruzzi guidato da Raul Gardini: come riporta l’ANSA, il procuratore Pignatone ha ricevuto un avviso per comparire stamane davanti al Tribunale nisseno come «persona indagata del reato di favoreggiamento alla mafia». Durante l’interrogatorio si sarebbe avvalso della facoltà di non rispondere confermando però il suo status di innocenza: secondo le carte emerse finora da “La Repubblica”, il pool di magistrati coordinato dal procuratore De Luca ipotizza che Pignatone nel 1992 da sostituto procuratore di Palermo possa aver avuto ruolo nell’insabbiamento dell’inchiesta mafia-appalti in “concorso” con il procuratore Pietro Giammanco (scomparso lo scorso 2018) e con gli altri due indagati attuali. Si tratta dell’ex magistrato Giocchino Natoli e il capitano – oggi promosso generale della Guardia di Finanza – Stefano Screpanti, anch’essi indagati per favoreggiamento.



L’INCHIESTA DEL 1992 SU CUI INDAGAVA ANCHE BORSELLINO: QUELLO CHE SAPPIAMO FINORA

Dopo la strage di Capaci dove perse la vita in un vile attentato il giudice Giovanni Falcone, l’amico e collega di una vita Paolo Borsellino mise gli occhi sull’inchiesta tra mafia e appalti ritenendo come quella nuova frontiera di Cosa Nostra ponesse uno sviluppo a livello capillare in vari gangli del potere in tutta Italia. Il giudice di Palermo non riuscì però ad occuparsene se non in fase preliminare, dato l’attentato contro la sua vita avvenuto il 19 luglio 1992. Secondo quanto riporta l’ANSA, l’inchiesta mafia-appalti finì in niente dopo la strage di Via D’Amelio ma negli ultimi anni è il marito di Lucia Borsellino, l’avvocato Fabio Trizzino, ad aver sollevato in commissione Antimafia (correva il settembre 2023, ndr) dubbi e anomalie sull’inchiesta di Natoli e Pignatone contro i mafiosi Bonura e Buscemi.



Con un’inchiesta durata appena tre anni, Natoli ordinò la smagnetizzazione delle bobine delle intercettazioni oltre che la distruzione dei documenti raccolti fin lì: ma interrogato sul fatto, lo stesso magistrato ha spiegato che nulla venne realmente distrutto e dunque è stato recuperato integralmente il faldone con tutte le conversazioni. È poi da quegli atti che emerge come degli elementi degni di nota v’erano eccome, tali da dove proseguire l’inchiesta e non abbandonarla come invece avvenne. Secondo la famiglia Borsellino, l’inchiesta su mafia e appalti, «nata con il rapporto del Ros del 1991, potrebbe essere stata il motivo dell’accelerazione della strage di via D’Amelio», riporta “Repubblica” citando direttamente la famiglia del giudice martire della mafia.

LA POSIZIONE DEL PROCURATORE PIGNATONE: “SONO INNOCENTE E AIUTERÒ LE INDAGINI”

L’ipotesi della Procura di Caltanissetta è che dunque l’ex pm Natoli con il suo sostituto Pignatone avessero non solo insabbiato le indagini su alcuni imprenditori in “odore” di mafia, ma anche chiesto l’archiviazione dell’indagine iniziata da Borsellino con ordine di distruzione delle prove (che però non avvenne, come dimostrano i ritrovamenti degli scorsi mesi). Sia Natoli che Screpanti si sono avvalsi della facoltà di non rispondere negli interrogatori di inizio luglio, stesso iter scelto anche da Giuseppe Pignatone oggi 31 luglio nella breve convocazione in Sicilia.

«Ho dichiarato la mia innocenza in ordine al reato di favoreggiamento aggravato ipotizzato», ha detto all’ANSA l’ex procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone, ripromettendosi di contribuire attivamente d’ora in poi «allo sforzo investigativo della Procura di Caltanissetta». I pm che indagano nei suoi confronti ritengono che tanto Pignatone, quanto Natoli e Screpanti – assieme al magistrato morto Giammanco – abbiano condotto una indagine “apparente” per un breve lasso di tempo, non trascrivendo «conversazioni particolarmente rilevanti, da considerarsi vere e proprie autonome notizie di reato», si legge nelle carte pubblicate da “Il Giornale”. Nelle recenti audizioni del febbraio 2024 in commissione Antimafia, l’ex giudice del pool di Falcone e Borsellino, Gioacchino Natoli, ha difeso il suo operato sottolineando come l’indagine mafia-appalti non fosse stata seguita direttamente da lui.