Giuseppe Pinelli finirà subito nel mirino degli inquirenti, a poche ore di distanza dalla strage che nel ’69 ha colpito Piazza Fontana a Milano. Il ferroviere verrà fermato infatti la sera dell’attentato assieme ad altri 83 sospettati, mentre si trova con alcuni amici al circolo degli anarchici di via Scaldasole. Tre giorni più tardi, Pinelli si trova ancora in Questura e viene interrogato dalla Polizia e in presenza del Tenente Savino Lograno, all’epoca Tenente dell’Arma dei Carabinieri. Alle 23:50, riferisce Il Corriere della Sera in quei giorni, il ferroviere precipiterà dalla finestra del quarto piano, lasciando due figlie e una moglie. Nonostante il suo lavoro a tempo pieno presso le FS come frenatore allo scalo, Pinelli verrà subito etichettato come un anarchico individualista. “I suoi alibi erano tutti caduti ed era fortemente indiziato”, dichiarerà Marcello Guida, il Questore di Milano, “aveva presentato un alibi per venerdì pomeriggio, ma questo alibi era caduto completamente. Nell’ultimo interrogatorio il funzionario dottor Calabresi aveva allora momentaneamente sospeso l’interrogatorio per andare a riferire al capo dell’ufficio politico dottor Allegra. Col Pinelli erano rimasti nella stanza tre sottufficiali di polizia e un ufficiale dei carabinieri che assistevano all’interrogatorio”. Secondo la ricostruzione, Pinelli avrebbe fatto “un balzo felino verso la finestra”, rimasta aperta a causa del caldo, lanciandosi poi nel vuoto.
Giuseppe Pinelli, la reazione dopo la messa sotto torchio
Giuseppe Pinelli si trova nel mirino delle autorità da mesi e per questo il giorno della strage di Piazza Fontana, non rimarrà sorpreso nel vedere gli agenti spuntare nel circolo in cui si trova con altri anarchici. Eppure l’essere messo sotto torchio, riferisce Il Corriere della Sera, non lo rende meno tranquillo del solito. Per la Polizia tuttavia Pinelli viene subito considerato uno degli attivisti anarchici a livello internazionale. “Era allenato a questo tipo di indagini”, dirà un funzionario, “era piuttosto difficile metterlo in difficoltà”. Giuseppe Pinelli comparirà in modo indiretto anche in Io ricordo Piazza Fontana, il docufilm che Rai 1 trasmetterà nella prima serata di oggi, giovedì 12 dicembre 2019, in occasione del 50° anniversario della tragedia. “Eravamo risaliti a lui in quanto facente parte dell’organizzazione anarchica detta del Ponte della Ghisolfa, era già stato interrogato in passato su circostanze messe in relazione con altri attentati dinamitardi”, dirà Antonino Allegra, capo dell’ufficio politico della Questura. In effetti il ferroviere era già stato fermato alcuni mesi prima, per via degli attentati avvenuti alla stazione Centrale e alla Fiera Campionaria. Le accuse però erano cadute. Ad inchiodarlo per l’attentato di Piazza Fontana sarà in particolare la dichiarazione di un barista, che smentirà il suo alibi: Pinelli non si trovava in un bar vicino casa fino alle 17:30, come aveva dichiarato. Il suo difensore, l’avvocato Alfonso Mauri, smentirà invece in modo categorico l’ipotesi che l’uomo fosse coinvolto nella strage: “Conoscevo quel giovane da molti anni. Era un bravo ragazzo, sposato con una donna molto intelligente che aiutava il marito facendo lavori di copisteria. Mi sgomenta il pensiero delle due bambine del Pinelli, due belle bambine. Una di 7 anni, mi pare, e una di 5”.