Mentre i casi di Covid-19 aumentano sempre più, giorno dopo giorno, in Italia, non possono mancare gli interrogativi sulla variante Omicron che sta prendendo piede anche nel nostro Paese. Se in alcuni stati, in giro per il mondo, è diventata dominante, Omicron nella penisola sta attecchendo, ma non desta la stessa preoccupazione che dava la Delta una volta scoperta. Il perché? A rispondere a questa ulteriore domanda ci ha pensato il direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Giuseppe Remuzzi.



Il professore di Nefrologia all’Università degli Studi di Milano, intervistato dal Corriere della Sera, ha infatti sottolineato che Omicron si sta adattando all’uomo: “I sintomi descritti appaiono lievi: mal di gola, congestione nasale, tosse secca e dolori muscolari. La perdita di gusto e olfatto è meno frequente. Ci sono lavori importanti, ancora in fase di revisione, che spingono verso questa ipotesi. Uno studio dell’Università di Hong Kong mostra che, nonostante Omicron si moltiplichi molto più rapidamente nei bronchi rispetto a Delta, questo non succede nei polmoni che di solito sono risparmiati. Gli scienziati hanno svolto i test su colture cellulari dell’apparato respiratorio umano. È una prima conferma scientifica a quanto osservato in Sudafrica, dove la variante è stata individuata la prima volta e ha cominciato a diffondersi”.



REMUZZI: “OTTIMISTI SU OMICRON, MA SERVE ATTENZIONE”

Nel corso dell’intervista al Corriere della Sera Giuseppe Remuzzi ha spiegato: “Altri due studi preliminari, condotti in Scozia e Inghilterra, mostrano che la nuova variante è associata a una minor ospedalizzazione dei pazienti (- 40-60%). C’è poi un altro dato: il tempo di incubazione. Nel caso di Delta era di 4-6 giorni, remuzzi. In ogni caso non possiamo sottrarci a una riflessione: una piccola percentuale di pazienti gravi su un enorme numero di contagiati è rilevante”.

“Se, poniamo caso, i positivi a Omicron con sintomi fossero un milione e di questi l’1% finisse in ospedale, parleremmo di 10mila persone. Se fosse il 10% a richiedere il ricovero, la cifra aumenterebbe a 100mila. Gli studi su Omicron ci portano a essere moderatamente ottimisti su diversi aspetti, ma serve ancora una grande attenzione da parte di tutti per non correre rischi” ha spiegato. Sull’aiuto della terza dose ha poi aggiunto: ” Un vaccinato con tre dosi può contagiarsi, ma di solito ha forme lievi: non possiamo però completamente escludere il rischio di un aggravamento. Il booster ha un ruolo specifico: interviene sul sistema immune, già preparato dalle prime due dosi, non come semplice aggiunta ma come potenziamento, sia a livello anticorpale sia a livello di cellule B e T.