Il 14 aprile 1981 Giuseppe Salvia, vicedirettore del carcere napoletano di Poggioreale, morì sotto il fuoco di un commando di cutoliani. A ordinare l’omicidio Raffaele Cutolo, ‘O professore capo della Nuova Camorra Organizzata, che avrebbe deciso di punirlo con la morte per uno “sgarro” che il boss, detenuto ‘eccellente’ e destinatario di privilegi e concessioni anche dietro le sbarre, non avrebbe tollerato. L’episodio che avrebbe portato alla “condanna a morte” imposta da Cutolo affonda le radici nella data del 7 novembre 1980 quando, di ritorno da un processo verso la sua cella, Raffaele Cutolo avrebbe rifiutato di sottoporsi al controllo degli agenti previsto dal regolamento. Così Giuseppe Salvia, dopo aver preso le redini della situazione, lo avrebbe perquisito personalmente per far rispettare la legge. Un “affronto” che ‘O professore avrebbe deciso di lavare con il sangue ordinando a sei dei suoi uomini di ucciderlo.

L’agguato a Giuseppe Salvia, allora 38enne, si consumò mentre l’allora vicedirettore del carcere di Poggioreale tornava a casa, lungo la tangenziale di Napoli, pronto a riabbracciare la famiglia dopo una giornata di lavoro come tante. Ad attenderlo sua moglie, Giuseppina Troianiello, e i loro due figli Antonino, 5 anni, e Claudio, 3. Proprio quest’ultimo, decenni dopo l’assassinio del padre, ha parlato della sua storia e del mandante, Raffaele Cutolo, all’epoca protetto da un sistema in cui lo Stato era praticamente assente. Le ultime parole del boss, in onda venerdì 30 settembre alle 21.25 su Rai2, è il film dedicato alla vicenda di Giuseppe Salvia, un “eroe dimenticato” ucciso dalla camorra perché svolgeva il suo lavoro. Per la regia di Raffaele Brunetti, la pellicola è tratta dal libro La Vendetta del Boss, di Antonio Mattone, autore che raccolse la confessione di Cutolo sull’omicidio mentre indagava proprio sul caso Giuseppe Salvia.

Il figlio di Giuseppe Salvia: “Mio padre esempio, lo Stato non si costituì parte civile…”

Claudio Salvia, intervistato dal Corriere della Sera e da Askanews in occasione del 40° anniversario della morte del padre, Giuseppe Salvia, ha ricalcato il profilo della tragedia che ha sconvolto la sua famiglia nel 1981, quando era un bambino di soli 3 anni. Secondogenito di Giuseppe Salvia e di Giuseppina Troianello, nato due anni dopo il fratello maggiore Antonino Salvia, Claudio Salvia ha fornito la sua lettura della storia davanti alle telecamere. Dopo la morte del mandante dell’omicidio di suo padre, ha dichiarato: “Ho provato dispiacere per la morte di Raffaele Cutolo, benché fosse il carnefice di mio padre. Quando sento che qualcuno lo vede come un benefattore provo molta rabbia perché mi accorgo che alcune realtà non sono ancora pronte per fare i conti con la giustizia. Mi meraviglio – ha proseguito Claudio Salvia – come dopo tanti anni ci siano ancora persone che esaltino personaggi di questo calibro, che hanno seminato terrore e hanno rovinato e devastato intere famiglie come la mia“.

Claudio Salvia, intervenuto a Askanews, ha parlato del genitore ucciso, Giuseppe Salvia, come di “un esempio, uno dei più grandi esempi che un padre possa dare ai figli“. Oggi il carcere di Poggioreale porta il nome del vicedirettore vittima di camorra, ma resta vivo il ricordo di un’era in cui lo Stato non mostrò il pugno duro contro chi, come Raffaele Cutolo, pur essendo un assassino vantava privilegi persino tra le mura di una cella. “Mio padre si trovava a operare in un contesto molto difficile, il carcere di Poggioreale era definito il peggiore d’Europa. Mio padre ha costituito un vero punto di resistenza contro la camorra e i privilegi che effettivamente esistevano in quegli anni, dove Cutolo usufruiva di enormi benefici. Tutto ciò era lasciato fare dallo stesso Stato che avrebbe dovuto contrapporsi a quel criminale. Questa è storia. Lo Stato non si è costituito parte civile nell’81. Oggi invece lo Stato è cambiato completamente“.