La storia di Giuseppe Salvia, ripercorsa nel film “Le ultime parole del boss”, racconta la storia riportata alla luce da Antonio Mattone, scrittore che dopo un incontro con il figlio di Salvia, ha deciso di far luce sulla vicenda. Lo scrittore ha studiato i documenti nei sotterranei del carcere e incontrato famiglie, testimoni, colleghi, ma anche il mandante dell’omicidio, Raffaele Cutolo. Il boss di Ottaviano, unico detenuto in Italia in perenne isolamento, ha concesso un’intervista allo scrittore, senza però il permesso di registrare o prendere appunti. Alla fine dell’incontro, è arrivata l’ammissione: “Sì, l’omicidio Salvia l’ho fatto io”, ha raccontato il boss. Come racconta Repubblica, al termine dell’intervista, il commento, probabilmente ironico, di Cutolo è stato: “Mi raccomando parli bene di Salvia”. (agg. JC)



Giuseppe Salvia ucciso nel 1981: la sua storia in un film

Il 14 aprile 1981, un commando di camorra uccise Giuseppe Salvia, allora vicedirettore del carcere napoletano di Poggioreale, su ordine del boss mai pentito Raffaele Cutolo, ‘O professore. Una pagina di sangue impressa nella storia della lotta alla criminalità organizzata che viene ripercorsa nel film Le ultime parole del boss, in onda il 30 settembre su Rai 2. Giuseppe Salvia eroe dimenticato spesso dalle istituzioni fin dalle prime battute della tragedia quando, come ricordato dal figlio Claudio Salvia a Askanews, lo Stato non si costituì parte civile e i suoi vertici non parteciparono neppure ai funerali. Un sintomo chiaro di un sistema malato che pochi uomini, come Giuseppe Salvia, stavano cercando di scardinare per ripristinare legalità e giustizia nell’ottica di un futuro senza mafie.



Giuseppe Salvia morì lasciando la moglie, Giuseppina Troianiello, e i loro due figli piccoli: Antonino Salvia, il maggiore che all’epoca aveva appena 5 anni, e il secondogenito Claudio che di anni ne aveva 3. La “colpa” dell’allora vicedirettore del carcere di Poggioreale, secondo il disegno di morte di Cutolo, sarebbe stata quella di avergli fatto uno “sgarro” imperdonabile capace di intaccare la sua immagine di capo supremo da “venerare”: Raffaele Cutolo, capo della Nuova Camorra Organizzata, fu perquisito personalmente da Giuseppe Salvia nonostante il suo rifiuto a sottoporsi al controllo di ritorno da un processo. Il boss mai pentito avrebbe confessato di essere il mandante del delitto, per la prima volta, in una intervista rilasciata ad Antonio Mattone, autore del libro La vendetta del boss. L’omicidio di Giuseppe Salvia da cui è tratto il film in onda sul secondo canale Rai e diretto da Raffaele Brunetti.



L’omicidio di Giuseppe Salvia e la confessione di Raffaele Cutolo

14 aprile 1981. Giuseppe Salvia, vicedirettore del carcere napoletano di Poggioreale, sta tornando a casa e viene intercettato e ucciso da un commando composto da almeno sei uomini comandati da Raffaele Cutolo, capo della NCO (Nuova Camorra Organizzata). Ha 38 anni Giuseppe Salvia, e sta tornando a casa dopo una giornata di lavoro pronto a riabbracciare la famiglia, moglie e due figli ancora bambini. L’agguato avviene sulla tangenziale di Napoli e non gli dà scampo. Giuseppe Salvia muore e, anni dopo, si scoprirà che il mandante di quella esecuzione è Raffaele Cutolo, il boss che lo avrebbe punito con la morte per averlo perquisito nonostante il suo rifiuto.

Nel penitenziario campano, Cutolo era considerato un detenuto “eccellente” e avrebbe goduto di un trattamento speciale intriso di privilegi e concessioni. Un uomo contro ogni legge che avrebbe piegato le istituzioni al suo carisma. Giuseppe Salvia avrebbe costituito per lui, e per la conservazione del suo potere in costanza di carcerazione, un ostacolo da eliminare. Intervistato da Mattone per il suo libro sull’omicidio di Giuseppe Salvia, Raffaele Cutolo avrebbe confessato all’autore di essere il mandante dell’agguato in cui il vicedirettore del carcere di Poggioreale fu ucciso. La “colpa” di Giuseppe Salvia, secondo il boss, fu quella di averlo perquisito pochi mesi prima dell’esecuzione, il 7 novembre 1980. ‘O professore si era rifiutato di sottoporsi al controllo di rito mentre tornava in cella dopo un processo, e gli agenti avrebbero posto la questione all’attenzione di Giuseppe Salvia. Sarebbe stato proprio l’allora vicedirettore del carcere a prendere in mano la situazione e a effettuare personalmente la perquisizione a carico del boss. Un “affronto” alla camorra che, il 14 aprile successivo, avrebbe pagato con la vita. “L’esempio di papà è uno dei più grandi esempi che un padre possa dare ai propri figli“, ha ricordato Claudio Salvia nel 40° anniversario della morte.