Ospite del Taormina Film Festival per la proiezione di “Ennio”, Giuseppe Tornatore ha rilasciato un’intervista a tutto campo ai microfoni de La Stampa. Il regista premio Oscar ha esordito parlando della crisi delle sale italiane, a partire dal dibattito sulle “finestre”, e delle trasformazioni legate al Covid e allo streaming. Nessuna chiusura a priori: “Continuo a essere uno spettatore senza pregiudizi, aperto a tutto. Recentemente mi sono esaltato vedendo al cinema Esterno notte di Bellocchio, mi è piaciuto il suo modo giovane e forte di raccontare quel dramma”.
Giuseppe Tornatore si è poi soffermato sulla storica contrapposizione tra cinema popolare e cinema impegnato, traslata nel suo Ennio anche per quanto riguarda la musica. Il regista ha spiegato che bisogna “capire che fare un film per un pubblico ampio non vuol dire fare un’operazione di mercato e, viceversa, che i film visti da pochi non sono necessariamente straordinari ma incompresi”.
GIUSEPPE TORNATORE SULLA CRISI IN UCRAINA
Uno dei passaggi più interessanti dell’intervista di Giuseppe Tornatore al quotidiano torinese è senz’altro legato alla crisi in Ucraina. La guerra è un tormento continuo, ha spiegato il cineasta: “Quando mi capita di essere in situazioni festose, mi viene di pensare alla gente che, in quello stesso momento, sta cercando di sfuggire ai bombardamenti”. “Mi chiedo in che mondo ci siamo ficcati, dove siamo andati a finire”, l’analisi di Giuseppe Tornatore, che non riesce a trovare una logica su questo ennesimo conflitto che causa migliaia di vittime. La sua generazione, ha aggiunto, pensava di essere privilegiata perché era riuscita a sfuggire alla guerra, ma invece adesso ci ritroviamo così. Il regista di “Nuovo cinema paradiso” ha poi deciso di non esporsi sul dibattito sull’invio di armi a Kiev: “Non posso aggiungere niente a questo argomento. E’ un tema complicato, capisco il tormento di tanti, è anche il mio tormento”.