“Oggi entriamo nel cuore di questo ciclo di incontri dedicato al volume di don Giussani L’io, il potere, le opere”. Esordisce così Guido Bardelli, presidente della Compagnia delle Opere e moderatore dell’incontro. Il terzo e ultimo appuntamento del percorso formativo è dedicato al tema delle opere, che, insieme ai due precedentemente affrontati dell’io e del potere, rappresenta un elemento chiave del pensiero socio-politico del sacerdote di Desio. Hanno partecipato come relatori Massimo Borghesi, professore di filosofia morale nell’Università di Perugia, e Luis Rubalcaba, professore di politica economica nell’Università di Alcalá.



Ad esplicitare il nesso con gli incontri precedenti sono le parole dello stesso autore: “Le opere nascono solo quando uno ha il coraggio di dire io”. L’io, proprio il tema da cui questo percorso di formazione è iniziato. Sin da subito vengono sottolineate la positività e l’originalità del modo in cui Giussani affronta il tema dell’opera, intesa come espressione dell’unità e del desiderio della persona. Non vi è separazione tra la dimensione valoriale e quella operativa, perché “è l’unità della persona che dà vita all’opera”. Gli interventi dei due relatori sono un aiuto prezioso ad approfondire l’originalità e l’attualità di questo giudizio.



“È importante avere una contestualizzazione temporale dello sviluppo della concezione di opera che ha Giussani”, afferma Borghesi. “Negli anni cinquanta e sessanta, soprattutto grazie all’esperienza della caritativa nella bassa milanese, don Giussani ha voluto educare molti giovani alla virtù da cui secondo lui possono nascere le opere: la carità”. Più volte l’autore del volume richiama con insistenza a questa parola: “La carità è un’opera. Rende la solidarietà un’opera, in quanto crea un soggetto nuovo. La carità dà alla solidarietà una ragione per cui tutta la vita diventa opera”. E ancora: “La carità riconduce l’uomo alla ragione ultima del suo agire, la quale soltanto conferisce alle cose quella permanenza, quell’eternità senza cui non c’è positività reale, né si dà vera costruzione, non si danno opere”.



Questo soggetto nuovo diventa un “cittadino attivo” che ha a cuore il bisogno suo e degli altri, a partire da quello di avere un lavoro. Citando alcuni passaggi del testo, Borghesi richiama all’insistenza di Giussani sul tema del lavoro in relazione alle opere: “Un uomo conosce sé stesso solo in azione, mentre è in azione. Perciò, se la vita non ha lavoro, uno conosce meno sé stesso. Un uomo disoccupato soffre un attentato grave alla coscienza di sé stesso”. Da qui l’auspicio che le opere collaborino con le forze politiche e sociali che mirano a trovare un lavoro per tutti. Se nasce da questa gratuità e da questa passione per il bisogno degli uomini, un’opera può favorire la generazione di un popolo.

Dopo averne approfondito il punto sorgivo, l’economista Rubalcaba si domanda quale possa essere il contributo delle opere in un contesto socio-economico in continua evoluzione e come le sfide attuali possano essere un’occasione per il loro sviluppo. Il primo fattore di cambiamento è un’economia sempre più orientata alla erogazione di servizi, che necessita un nuovo metodo di relazioni tra chi offre e domanda un servizio orientate al medio-lungo periodo. Le opere possono offrire un contributo cruciale in questa “economia relazionale”, favorendo la costruzione di relazioni che salvaguardino l’attenzione al soggetto.

Secondo, “L’evoluzione dell’azione economica e sociale ruota attorno alla soddisfazione di bisogni fisici e sensoriali, come quando nel turismo siamo chiamati a sperimentare una nuova destinazione o un nuovo albergo. Una grande sfida per le nostre opere è offrire servizi che aiutino a migliorare il mondo nella tensione ideale di passare da servizi che generano esperienze a servizi che fanno esperienza. L’esperienza concepita da Giussani come elemento cognitivo”.

Un terzo elemento è la rivoluzione digitale e tecnologica, che sta ampliando le possibilità di co-creazione: creare con qualcuno e non appena per qualcuno.  Infine, essendo un luogo in cui il soggetto è accolto e valorizzato, l’opera può essere un antidoto alla cultura dello scarto e alle disuguaglianze.

Per queste ragioni “l’opera come intesa da Giussani ha una funzione cruciale nella costruzione del bene comune, che è per tutti e non esclusivo”. Eppure, non è automatico che questo avvenga. Perché un’opera adempia alla sua funzione deve essere sostenuta da una “amicizia operativa” e le persone che la fanno devono avere la disponibilità a imparare dagli altri. Due esempi: un ristorante in Virginia, dove l’amicizia tra i dipendenti costituisce il motore dell’attività, e l’imprenditore francese Michelin, che domandava a chi lasciava l’azienda in che cosa potesse migliorare. È questa intelligenza operativa che alimenta la società civile e che lo Stato è chiamato a sostenere.

“La novità metodologica di Giussani” – sintetizza Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà – “è rimettere al centro del mondo economico e sociale il soggetto come fattore dell’azione. Un soggetto non mosso dall’egoismo, ma appartenente a un popolo. Giussani recupera il nesso tra l’io e l’azione, introducendo l’esperienza come fattore abilitante alla lettura della realtà”.

Mi permetto di riportare un ultimo passaggio del libro, che identifica ciò che più ho imparato da questo percorso di formazione: “Una cultura lega il particolare alla totalità: è colta una posizione se tenta di collegare il momento all’orizzonte totale delle cose. In questo punto si colloca il contributo che noi dobbiamo dare con chiarezza, passione e umiltà”.

I video integrali dei tre incontri saranno resi disponibili prossimamente sul canale YouTube della Compagnia delle Opere

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI