Nel CdM del 22 luglio il Governo Draghi ha posto la fiducia sulla riforma della giustizia: «ho chiesto l’autorizzazione a porre la fiducia. C’è stato un testo approvato all’unanimità in Cdm e questo è un punto di partenza, siamo aperti a miglioramenti di carattere tecnico, si tratterà di tornare in Consiglio dei Ministri», ha spiegato in conferenza stampa il Premier Mario Draghi, precisando che la Ministra Cartabia è comunque molto disponibile a modifiche di alcune parti del testo. «La richiesta di autorizzazione di fiducia è dovuta al fatto di voler porre un punto fermo – ha sottolineato ancora il Presidente del Consiglio – . C’è tutta la buona volontà ad accogliere emendamenti che siano di carattere tecnico e non stravolgano l’impianto della riforma e siano condivisi. Non mi riferirei solo agli emendamenti di una parte, perché ci sono anche altre parti». Tanto Cartabia quanto Draghi ribadiscono che nessuno nel Governo vuole «sacche di impunità, bene processi rapidi e tutti i colpevoli puniti, è bene mettere in chiaro da che parte stiamo».



Secondo la Guardasigilli, rispondendo indirettamente alle critiche avanzate da Csm e dai procuratori De Raho e Gratteri, il problema dei tempi processuali è assai grave: «La ricerca di un “punto di mediazione” “non è una novità di oggi, non inizia dopo il Consiglio dei Ministri di oggi ma è il tratto metodologico con cui abbiamo affrontato un tema che sapevamo essere difficile, per trovare una composizione di punti di vista molto diversi». Infine, conclude Cartabia, «La riforma non è solo della prescrizione ma è riforma complessiva per limitare la durata dei processi, dobbiamo ridurli del 25% come promesso dal PNRR. Non si può guardare il possibile effetto del termine per un processo, occorre dare visione d’insieme e impedire ingiustizie […] il 37% si prescrive durante le indagini preliminari. Lo Stato sta investendo per evitare che le lungaggini producano tutte le prescrizioni: investire in organizzazione, risorse e digitalizzazione, spiega la riforma, poi però si ripassa l’intera procedura di indagini e processi. È la complessità degli interventi che inciderà sulla durata effettiva dei processi».



CSM BOCCIA PARTE DELLA RIFORMA CARTABIA

Il primo stop alla riforma della giustizia della Ministra Cartabia non arriva dal Parlamento e nemmeno in Consiglio dei Ministri, ma dal Csm: la Sesta Commissione del Consiglio Superiore di Magistratura, presieduta dal membro laico in quota M5s Fulvio Gigliotti, ha di fatto bocciato la norma della improcedibilità con la quale la “nuova” riforma emenda la precedente legge Bonafede sulla prescrizione (ma entrata in vigore). Il testo appena approvato in CdM e pronto a esordire in Parlamento il prossimo 30 luglio (decisione di oggi dei capigruppo di Montecitorio) dovrà essere discusso e votato dal plenum Csm, ma il presidente della commissione Gigliotti rende già pubblica una prima anticipazione di cui dà notizia l’ANSA.



«Riteniamo negativo l’impatto della norma. Perché comporta l’impossibilità di chiudere un gran numero di processi», spiega il presidente della commissione, che aggiunge «la disciplina non si coordina con alcuni principi dell’ordinamento come l’obbligatorietà dell’azione penale e la ragionevole durata del processo». 4 voti a favore (presidente Gigliotti e consiglieri della sinistra di Area Elisabetta Chinaglia, Ciccio Zaccaro e Sebastiano Ardita) e due astenuti (laico di Forza Italia Alessio Lanzi e la consigliera di Magistratura indipendente Loredana Micciché): il vicepresidente Csm David Ermini (Pd) stamane aveva sottolineato a “Radio Anch’io” che l’allarme dei procuratori De Raho e Gratteri «è un richiamo su cui bisogna mettere attenzione», restano poi criticità per «i tempi del processo d’Appello».

RIFORMA CARTABIA, ORA COSA SUCCEDE

Il problema centrale evidenziato anche dal Csm è il termine di 2 anni entro il quale va celebrato il processo di Appello, oltre il quale scatta la ‘tagliola’ della improcedibilità: «non è sostenibile in termini fattuali in una serie di realtà territoriali, dove il dato medio è ben superiore ai 2 anni, ed arriva sino a 4-5 anni», spiega ancora Giglioli all’ANSA, sottolineando come diversi processi rischiano di andare «in fumo» seguendo il testo della Riforma Cartabia. Come spiega il Sole 24 ore, restano anche i problemi di sistema, perchè la nuova disciplina «mal si concilierebbe anche con un altro principio dell’ordinamento: quello della ragionevolezza». Il parere dovrebbe essere discusso dal plenum la prossima settimana, forse mercoledì prossimo.

La discussione alla Camera invece dovrebbe cominciare venerdì 30 luglio, come deciso dai capigruppo di Montecitorio in riunione con il Presidente Roberto Fico. Impossibile partire prima, anche vista la mole di emendamenti presentati (1.631, di cui 917 dal solo M5s) al testo base della riforma: oggi in conferenza stampa da Palazzo Chigi per illustrare le novità su Green Pass e Decreto Covid sarà presente con Mario Draghi anche la Ministra della Giustizia Cartabia, la quale con ogni probabilità si esprimerà in merito alla recente bocciatura del Csm e ai tempi che si allungano per l’approvazione della riforma (con ulteriori complicazioni per i piani stabili dal PNRR italiano).