I venti di pace che pare stiano faticosamente iniziando a soffiare sui fronti delle guerre che infiammano diverse aeree geografiche del mondo non sembrano minimamente lambire il fronte caldo della giustizia italiana. È notizia di poche ore fa che in relazione allo sciopero dei magistrati del distretto di Napoli, il ministero abbia chiesto i verbali delle udienze rinviate, scatenando l’inevitabile protesta dell’Anm che ha prontamente bollato la richiesta come una inaccettabile indebita ingerenza.
Non si hanno notizie certe relativamente ad altre corti di appello, ma ciò che risulta certo è che il ministero ha rivolto tale richiesta alla presidenza della Corte di appello di Napoli, che a sua volta l’ha girata alla presidenza del tribunale di Napoli Nord, la cui nota, diramata ai 92 giudici di area penale e civile, è stata fatta filtrare alla stampa.
La richiesta sembrerebbe aver in realtà avuto ad oggetto la verifica se ai verbali di rinvio delle udienze fosse stato allegato anche un comunicato dell’Anm che faceva riferimento alla condanna in primo grado del sottosegretario Andrea Delmastro, ritenuto colpevole di rivelazione di segreto d’ufficio; circostanza di cui un quotidiano nazionale aveva dato notizia i giorni scorsi, riferendo come un giudice in servizio presso il tribunale di Napoli Nord avesse capziosamente inserito nel decreto di rinvio dell’udienza del 27 febbraio il comunicato dell’Associazione dello scorso 21 febbraio.
In quel comunicato si sottolineava che “per dimostrare l’inutilità della separazione delle carriere, basta osservare la vicenda processuale che si è conclusa con la condanna in primo grado del sottosegretario Delmastro. Alla richiesta di archiviazione del pm un giudice ha ordinato l’imputazione, e alla richiesta di assoluzione di un pm il tribunale ha pronunciato condanna.
Questo dimostra – proseguiva ancora il comunicato – che il pm può chiedere l’assoluzione, nonostante la sua carriera non sia separata da quella del giudice, e che il giudice non è succube del pm”. Nulla di nuovo, si potrebbe dire, nello scontro fra toghe e governo.
Nondimeno, ahinoi, nulla di nuovo si registra neppure nella scalcagnata gestione dell’autogoverno della magistratura.
L’ultimo capitolo ha riguardato la scelta dei nuovi rappresentanti italiani presso Eurojust, ovvero l’Agenzia dell’Unione Europea per la cooperazione giudiziaria penale, che si occupa del coordinamento e della collaborazione in ambito giudiziario tra le amministrazioni nazionali, offrendo ai magistrati un sostegno pratico nella lotta alle forme gravi di criminalità transfrontaliera e al terrorismo.
Ebbene, terminata l’illustrazione dei candidati prescelti dalla Commissione durante il Plenum del Csm della scorsa settimana, il togato indipendente Andrea Mirenda, l’unico consigliere togato non in quota correnti, ha pubblicamente chiesto a chi appartenessero i magistrati proposti, denunciando, ancora una volta, come il copione risulti essere sempre lo stesso: dopo le nomine alla Scuola superiore della magistratura e quelle alla Direzione nazionale antimafia, le correnti anche in questa occasione avrebbero fatto sentire con forza la propria voce.
Per la nomina, quanto mai prestigiosa, di membro nazionale presso Eurojust e di aggiunto di quest’ultimo, avevano fatto domanda complessivamente una trentina di magistrati, invero tutti titolati e con esperienze specifiche in ambito internazionale.
La scelta dell’organo di autogoverno della magistratura si è orientata a Filippo Spiezia e, come aggiunto, a Francesco Testa, il quale ha avuto la meglio su Gianluca Forlani e Barbara Sargenti. La nomina ad Eurojust, va ricordato, in passato ha sempre facilitato la successiva corsa ad occupare la poltrona di procuratore capo di sedi importanti.
La consueta denuncia di Mirenda, di cui non ci pare ci siano tracce nei principali circuiti mediatici, è dettagliata, e riferisce come l’approccio dell’apposita commissione sia sempre “vaporoso” ed incentrato sul tradizionale mezzo punto di differenza fra i candidati; ragione per la quale egli aveva chiesto, senza successo, il ritorno della pratica in Commissione per un approfondimento istruttorio ed una differente valutazione dei titoli.
Per i meno avvezzi alle vicende giudiziarie, molto spesso negli ultimi anni gli esiti di queste delibere del Csm si sono rivelate talmente traballanti dall’essere destinate ad una severa demolizione da parte dal giudice amministrativo, a cui sempre più spesso i magistrati scartati sono costretti a rivolgersi nella speranza di ripristinare lo Stato di diritto.
Non è forse un caso che Mirenda sia uno strenuo sostenitore del sorteggio dei membri del Csm, previsto nel progetto di riforma del governo ma osteggiato, come noto, dall’ANM. Fermo restando il massimo rispetto per i due magistrati nominati – ricordando che per Spiezia si tratta di un ritorno nell’organismo europeo di cui è stato da sempre grande studioso –, ciò che occorre non smettere di richiedere a gran voce è lo sradicamento delle pratiche lottizzatorie che sembravano fossero unicamente legate al sistema Palamara.
Dall’interno dello stesso Csm si continua invece a segnalare come una certa distorta logica di mercato continui ad umiliare e mortificare il senso più profondo del governo autonomo della magistratura, infliggendo spesso bocciature puntualmente ribaltate dal giudice amministrativo.
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