Gli applausi a Mattarella a Palermo da parte della magistratura italiana sono stati applausi di paura. La battaglia finale sulla riforma dei magistrati e del loro rapporto con la politica è arrivata al capitolo finale. Il fragoroso rumore delle mani battute cercava di scalzare la preoccupazione che nei corridoi si scambiavano in tanti. Cosa penserà il presidente Mattarella e quale quale sarà la sua posizione. Mattarella ha sempre difeso le prerogative e le funzioni della magistratura, ma non mai messo alcun paletto esplicito alle riforme che stanno per essere messe in cantiere. Del resto lui stesso nei giorni caldi del caso Palamara aveva invocato riforme molto incisive nell’organizzazione della rappresentanza dei magistrati e ha più volte rimarcato che quelle riforme erano probabilmente non ancora sufficienti a garantire un percorso di esplicito abbandono del sistema di governo correntizio della magistratura.
Il testo della riforma è ancora in fase di scrittura ed il ministro della Giustizia ne ha tracciato il profilo, ribadendo che una cosa è il ruolo del singolo magistrato, e la sua indipendenza, altro è il sistema di governo collettivo della magistratura stessa. Il che significa che la maggioranza è più che mai motivata a portare fino in fondo la riforma annunciata, proprio ora che lo scontro tra la politica e la magistratura inquirente è al suo livello più alto.
L’arresto di Toti, indipendentemente dalla sua innocenza, ha motivato ancor di più i parlamentari di maggioranza ad accelerare la riforma, convinti, a torto a ragione, che quello sia stato un segnale di stop alle prerogative del Parlamento.
Perciò tutti si attendono tra i magistrati che Mattarella prenda posizione al di là delle classiche parole di apprezzamento e di tutela dei singoli magistrati e che dia anche indirettamente una sua opinione sull’ipotesi di riforma. Ma il Presidente ha una lunga esperienza e sa che il suo ruolo va esercitato con discrezione, e sa pure che una riforma come questa non può che essere in parte frutto di una meditata e razionale valutazione anche da parte sua come capo del CSM e come custode della Costituzione.
Quello che Mattarella non ha mai detto è che le cose vanno bene così. Non ha sostanzialmente delegittimato la necessità di riforma dicendo che l’attuale CSM è un organo di grande efficacia che garantisce appieno una gestione corretta della magistratura. Il fatto che poi nella giornata di apertura dei lavori dell’assemblea dell’Associazione nazionale magistrati (ANM) vi siano stati molti ospiti politici ma che non vi sia ad oggi quel moto di piazza che ha, negli anni, caratterizzato l’attività dei magistrati inquirenti quando hanno avviato indagini sui politici, rappresenta un ulteriore elemento di riflessione. Inoltre il Caimano con le sue difficoltà giudiziarie non c’è più, mentre magistrati come la Boccassini e Davigo cadono anche loro nelle maglie della stessa magistratura di cui sono stati esponenti.
Perciò in tanti all’interno della magistratura percepiscono che il vento della riforma si sta per trasformare in un uragano. Quello che accadrà nelle prossime settimane è molto chiaro, i parlamentari di maggioranza hanno fatto intendere di essere pronti ad affrontare una riforma senza farsi condizionare dalle inchieste ed in questo senso il lavoro di Giorgia Meloni, nel portare a casa una storica modifica della gestione delle carriere dei magistrati, arrivando alla separazione delle carriere, è estremamente vicino.
Le forze di maggioranza infatti sono ben supportate da parte dell’opposizione, che ha nel suo Dna un conto aperto aperto con la magistratura. Renzi ed i suoi in particolare non vedono l’ora di poter votare una qualunque riforma che metta i pubblici ministeri in condizioni di poter essere responsabili delle loro azioni, di vederli sempre meno accomunati ai giudici e sempre più riportati ad una funzione di rappresentanza processuale della pubblica accusa. Per loro è stato un calvario lungo quasi un decennio concluso senza alcun tipo di condanna ma hanno pagato fino in fondo il prezzo di inchieste e illazioni giornalistiche che li hanno trasformati da gruppo egemone della politica italiana a partito elettoralmente quasi il irrilevante.
L’unica posizione conservatrice è quella del Partito democratico, che sembra non cogliere alcuna necessità di riforma o di modifica del rapporto tra la magistratura e la politica e nell’autogoverno dei magistrati stessi. La posizione espressa pubblicamente dal Pd è di appiattimento sullo status quo e di assoluta carenza di qualunque tipo di critica, anche costruttiva, che potrebbe indirizzare la riforma in un senso diverso.
Questa scelta politica è estremamente pericolosa, proprio perché allo stato i numeri dicono con chiarezza che la maggioranza c’è e che proseguirà a portare avanti le proprie istanze e, senza un contributo critico da parte dei gruppi di minoranza, evidentemente rischia di arroccarsi su posizioni difficilmente utili alla causa.
Perciò il ruolo di Mattarella è quello di maggior rilievo in tutta questa partita ed è per questo che le sue parole ed i suoi silenzi vanno letti in controluce. Manca poco alla lettura definitiva del testo che verrà licenziato nelle prossime settimane, probabilmente subito dopo le europee per evitare altre strumentalizzazioni, ma nella maggioranza c’è chi giura che i lavori della prima lettura potrebbero addirittura concludersi prima dell’estate, proprio con l’obiettivo di accelerare tutto il percorso ed arrivare rapidamente alla definizione della riforma. Se così fosse sarebbe una novità reale per l’Italia e forse la vera grande riforma che una maggioranza politica si intesta senza dover per forza di cose spendere danari, ma dando una propria lettura di quello che è il sistema istituzionale prossimo futuro che hanno in mente.
Nel frattempo non si escludono altri colpi di coda, e del resto la maggioranza sembra abbastanza pronta a leggere le mosse della magistratura inquirente tutte in senso politico, e ad utilizzarle come maglio nella pubblica opinione per dimostrare l’irrazionalità e l’irragionevolezza di certe condotte di parte della magistratura inquirente. Per questo gli applausi a Mattarella erano fragorosi e quasi disperati, come una sorta di appello accorato affinché mantenga le cose come stanno e non le cambi. Ma si sa che le suppliche che si rivolgono per ottenere protezione vanno rivolte ai santi a cui si è stati devoti. E quando lo stesso Mattarella ha più volte invocato che le riforme venissero fatte rapidamente, con la finalità di eliminare la deriva correntizie, quegli stessi che oggi lo applaudivano fragorosamente erano silenti. Ed è per questo che il suo silenzio oggi dice molto di più delle sue parole.
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