Alla vigilia dell’autunno “bollente” che attende la politica italiana, tra Elezioni, PNRR e riforme, non è solo la Manovra di Bilancio ad agitare i sonni del Governo Draghi: le riforme del fisco e soprattutto della giustizia sono prossime allo sbarco in Parlamento e si apprestano già foriere di polemiche tra le diverse anime della maggioranza. Intervistato dal “Giornale”, l’ex magistrato Carlo Nordio riflette sui temi che occuperanno le due riforme sul processo civile e penale, lanciando un monito alla politica e alla Ministra Cartabia affinché compia un vero passo riformatore in un mondo “sgretolato” come la giustizia italiana.



«Delle due funzioni del processo penale, non lasciare impunito il delitto e non condannare l’innocente, la seconda è di gran lunga la più importante, non solo per il cittadino, ma proprio per lo Stato», spiega Nordio rilevando la condanna degli innocenti come l’elemento di maggiore gravità per un Paese, «si sgretola e spesso soccombe in modo violento alla ribellione popolare o alla rivoluzione». Serve la separazione delle carriere, ma non basta per provare a costruire un vero Stato liberale: «l’Italia è l’unico Paese al mondo dove il Pm ha le garanzie del giudice e i poteri del superpoliziotto, senza rispondere a nessuno».



L’IDEA DI GIUSTIZIA DELL’EX MAGISTRATO LIBERALE

Giudicando positiva la proposta di Silvio Berlusconi di rendere cancellabile l’appello dopo un’assoluzione, l’ex magistrato Nordio sottolinea come assurda la pratica secondo cui è ancora possibile condannare qualcuno sulle carte di cui il giudice precedente aveva dubitato tanto da assolverlo. Insomma, l’orizzonte della magistratura è piuttosto fosco e difficilmente con la prossima riforma si potrà cambiare molto: «in tempi brevi», conclude Carlo Nordio sulle possibili soluzione di risanamento del settore, «servirebbe il referendum vincente che sarebbe un messaggio per un Parlamento che non potrebbe sottrarsi». Sul tempo medio-lungo, la ricetta prevederebbe «selezione dei magistrati e sorteggio dei componenti del Csm», ovvero una rivoluzione copernicana della giustizia, «tutte persone intelligenti e preparate, ma svincolate dal legame elettorale con i magistrati sui quali si dovranno pronunciare».

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