Ci mancava solo il rinvio a giudizio del sottosegretario Andrea Delmastro a rendere ancora più incandescente lo scontro fra la politica e la magistratura. La vicenda è nota, le rivelazioni al compagno di appartamento Giovanni Donzelli dei verbali degli interrogatori dell’anarchico Alfredo Cospito. Un comportamento che viola la legge, secondo il giudice dell’udienza preliminare, mentre secondo il Gip si poteva tranquillamente archiviare, non avendo ravvisato alcuna violazione del segreto d’ufficio. Una disparità di valutazione tanto ampia da finire per corroborare chi nel centrodestra ritiene parte della magistratura pregiudizialmente schierata contro il governo.
È in questo clima arroventato che questa mattina il ministro della Giustizia Carlo Nordio varcherà il portone del Consiglio superiore della magistratura per esporre le linee programmatiche del suo ministero, dal momento non c’è stata ancora occasione di farlo, dopo l’insediamento di febbraio. Passaggio formale, al punto che a presiedere la seduta sarà direttamente il capo dello Stato, Sergio Mattarella, ma che rappresenta anche il primo faccia a faccia fra il titolare del dicastero di via Arenula e le toghe.
Nelle ultime settimane Nordio è un po’ scomparso dal proscenio dei dibattito sulla giustizia. Da ultimo si è incaricato il titolare della Difesa, Crosetto, di andare all’assalto, accusando una fetta della magistratura di fare opposizione al Governo e di preparare affondi. Proprio ieri il ministro si è detto pronto a riferire in Parlamento, con le opposizioni in pressing, perché il dibattito avvenga in aula e non in commissione, dopo che si era ventilata l’ipotesi di audizioni al Copasir, o in Antimafia, dove eventualmente il dibattito può avvenire anche a porte chiuse.
A molti Crosetto è sembrato mettere le mani avanti rispetto ad attacchi in arrivo. E il rinvio a giudizio di Delmastro sembra confermare questa lettera e questi timori. Ma potrebbe non essere l’unico fronte.
A un anno dall’insediamento, il Governo sembra intenzionato ad accelerare sulla giustizia. Sinora si era limitato al provvedimento che ha rivisto l’abuso d’ufficio, messo qualche paletto alle intercettazioni telefoniche e all’avviso di garanzia. Da qualche giorno è stato portato in Consiglio dei ministri il testo teso a introdurre le valutazioni dei magistrati. Ma il grosso deve ancora venire: Nordio ha annunciato per i primi mesi del prossimo anno il progetto di separazione delle carriere, per il quale serve una revisione costituzionale.
Si tratta di una storica battaglia del centrodestra, a partire da Berlusconi, talmente cruciale che Tajani la colloca sullo stesso piano del premierato e dell’autonomia differenziata: una priorità per ciascuno dei tre partiti di governo. Lo scontro è destinato a divampare più feroce che mai, con l’opposizione (tranne Renzi) schierata a difesa delle prerogative della magistratura, e la preoccupazione del presidente Mattarella, che pure dal maggio 2020 in avanti ha usato parole severe nei confronti delle deviazioni dell’ordine giudiziario, caso Palamara in testa.
Purtroppo per la maggioranza, tutti i tentativi di insinuarsi nel mondo delle toghe per cercare degli interlocutori disponibili sembrano essere falliti. Forse è per questo che Meloni & co. hanno deciso di accelerare, non senza timore degli attacchi possibili. Dalle parti di Palazzo Chigi era stato messo in conto, ma ora si è arrivati al dunque. E il problema è che il “non sono ricattabile” che la premier usò con Berlusconi un anno fa può valere forse solo per lei, non per tutta la squadra di governo. Gli attacchi obliqui sono più insidiosi. E i più fastidiosi. Con il timore nemmeno tanto nascosto di un crescendo da qui alle elezioni europee di inizio giugno.
In Parlamento il Governo verrà sollecitato a riferire tanto sulle parole di Crosetto, quanto su Delmastro, di cui le opposizioni invocano le dimissioni. Ma nelle aule parlamentari la maggioranza è solida e convinta di andare avanti. Le vere incognite vengono da fuori. Davvero, come sostenuto da Crosetto, ancora una volta la vera opposizione potrebbe essere svolta nei palazzi di giustizia. Uno stato di cose che non è affatto bene per il Paese.
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