Con la pandemia di Coronavirus “la giustizia è regredita al Medioevo“: il giudizio di Vinicio Nardo, presidente dell’Ordine degli avvocati di Milano, è netto. Parlando all’AGI, Nardo afferma che, soprattutto al sud, “si sta marciando sul Coronavirus per rinviare i processi“. La giustizia non sta uscendo migliore dalla pandemia; anzi, non sta proprio uscendo dal Coronavirus, denuncia Nardo: “Mentre il paese reale torna a vivere, nei negozi, nei bar, nelle spiagge, noi restiamo chiusi e, di fronte al bivio tra fare un salto nel futuro e tornare al passato, stiamo assurdamente scegliendo di regredire al Medioevo”.



In questo contesto si combattono ‘battaglie tra poveri’ come quelle tra cancellieri e avvocati, protagonisti di reciproci episodi di insofferenze. In una recente delibera l’Ordine degli avvocati ha chiesto di riprendere a celebrare tutti i procedimenti rinviando solo quelli la cui trattazione “è impossibile per questioni sanitarie” e parla di “situazione ghettizzante per gli avvocati”.



Nardo parla di cancellerie nelle quali agli avvocati è stato vietato l’accesso “e siamo stati invitati a lasciare dei decreti fuori in una scatola di plastica”, oppure di magistrati che dicevano agli avvocati che non potevano ricevere materiale cartaceo. “Ancora una volta, ecco la distanza dalla realtà. La città pullula di rider che ti portano da mangiare, Amazon ti porta qualsiasi cosa e l’unica cosa che non può passare di mano in mano sono gli atti giudiziari”.

GIUSTIZIA E CORONAVIRUS: I PROBLEMI INDICATI DAGLI AVVOCATI

Si chiede dunque al Ministero della Giustizia di “fare il possibile per risolvere le questioni”, ad esempio l’impossibilità di accedere al Processo civile telematico. Un tema fondamentale è quello del rinvio dei processi, secondo Nardo esagerato: “Ci sono intere parti della penisola dove il contagio non sanno cosa sia da tempo. Per carità, fanno bene a riguardarsi ma potrebbero far funzionare tranquillamente la giustizia e se ne stanno fermi, soprattutto al Sud, a rinviare alla grande, anche a dopo l’autunno. Mi è capitato di andare a processi aggiornati senza nessun tipo di vergogna. E su questo trend, col coronavirus ci stanno marciando”.



Se non si riapre ora “che la situazione è sotto controllo e non lo dicono i decreti ma i dati, il rischio è che, se dovesse esserci un paventato ritorno del virus in autunno, non si ripartirebbe più”, riflette il presidente degli avvocati milanesi. “Non è importante che ad agosto si lavori, sarebbe una cosa solo simbolica che baratterei volentieri con l’estensione al penale del processo civile telematico, con un’apposita piattaforma e con la possibilità delle notifiche telematiche, approfittando dell’opportunità che la pandemia potrebbe darci”.

Diverso è il processo remoto, con cui sono stati celebrati i pochi procedimenti ammessi nell’era Coronavirus: “È grave che si sia sbandierato questo come un processo tecnologico, quando è stato fatto con strumenti ridicoli, senza appositi programmi. Non è stato un passo avanti, ma indietro”.