Il tema della giustizia resta caldo nello scenario della politica italiana e secondo alcuni osservatori si intravede all’orizzonte, a fronte della visita del premier alla Direzione Nazionale Antimafia dei giorni scorsi, il sorgere di qualche fibrillazione, stavolta all’interno della stessa maggioranza. Quattro le notizie di rilievo. Procediamo con ordine.
1. Qualche giorno fa il ministro Nordio, in occasione di un question time alla Camera, ha dichiarato che la riforma del processo cui sta lavorando il Governo non soltanto tenderà ad abbreviare i processi ma ad evitare che una persona possa restare sotto la graticola della giustizia per un tempo indeterminato e indefinito, aggiungendo che, come più volte affermato in queste pagine, la lentezza del processo penale è intollerabile e pertanto superarla è una delle priorità.
Secondo il ministro esistono varie ragioni per le quali il nostro processo e soprattutto le indagini preliminari sono estremamente lunghe nei confronti di una persona, ma ciò che deve essere soprattutto eliminato è ciò che egli ha definito il principio di clonazione del processo, che si realizza quando il pubblico ministero, terminata un’indagine e richiesta l’archiviazione, mantiene nel suo ufficio una piccola parte di quel fascicolo, così da riprendere le indagini sulla stessa persona.
A tale importante affermazione di principio da parte del ministro ne è seguita una ancora più rilevante: egli ha infatti anche affermato che il codice di procedura penale deve essere omogeneo, non potendo essere ritoccato mattone a mattone; pertanto esso deve essere riscritto secondo criteri di sistematicità, e per tale motivo – così ha annunciato – il suo dicastero sta intervenendo con correttivi sul decreto Cartabia, avendo inoltre istituito una commissione che nei prossimi sei mesi provvederà a redigere un nuovo progetto di codice di procedura penale. Insomma, musica per le orecchie di chi da tempo, come chi scrive, denuncia le storture e le torsioni cui è esposto il sistema processuale.
2. Un’altra buona notizia è poi arrivata dal monitoraggio, pubblicato sempre nei giorni scorsi da Via Arenula, relativo al primo semestre 2023, ovvero il primo dopo l’entrata in vigore delle riforma Cartabia, secondo cui la durata media di un processo penale, in tutte le sue fasi, è scesa al di sotto della soglia dei mille giorni, in linea con l’obiettivo finale concordato con la Commissione europea, consistente nella riduzione del 25% della durata dei processi penali entro giugno 2026.
3. La terza vicenda che deve essere raccontata attiene alla visita della premier Giorgia Meloni, del ministro Nordio e del sottosegretario Mantovano presso la sede della Direzione Nazionale Antimafia. Seppur inquadrata in chiave istituzionale, essa stimola più di una riflessione sull’attuale rapporto tra politica e magistratura, ricollegandosi alla quarta vicenda degna di essere segnalata.
Secondo uno attento studioso come il professor Giorgio Spangher, quella visita si colloca idealmente in un unico contesto che lega fra di loro l’impantanamento della riforma dell’abuso d’ufficio, della riforma dell’ordinamento giudiziario e quella del Csm e la sin qui mancata attuazione della delega sui criteri di priorità nell’azione penale. Ciò che unirebbe tutti questi rallentamenti sarebbe la volontà della premier di alimentare e valorizzare al meglio il suo legame e quello del suo Governo con la magistratura antimafia, la quale, in chiave “dogmatico-sacrale” e non “laica” secondo i principi costituzionali del diritto penale, non può mai essere messa in discussione. Di certo l’incontro, invero alquanto inedito, ha sancito un riavvicinamento fra il Governo e la magistratura dopo le tensioni delle settimane scorse, fornendo l’occasione per un confronto ampio e cadenzato da specifiche questioni, fra le quali uno dei passaggi più significativi ha riguardato l’indicazione del premier sull’importanza delle confische alla criminalità organizzata.
4. L’idillio potrebbe tuttavia essere prontamente messo in crisi dal quarto avvenimento che rischia, non di meno, di innescare un potenziale conflitto interno al centrodestra: in commissione Giustizia della Camera, Forza Italia sembra intenzionata a chiedere la calendarizzazione della sua proposta di legge sul codice antimafia, che mira a limitare il ricorso alle misure di prevenzione antimafia nei confronti di chi sia stato assolto dalle accuse di associazione mafiosa o concorso esterno in un processo penale. Cercando di non eccedere nel tecnicismo, le norme del codice antimafia disegnano il “procedimento di prevenzione” come un binario parallelo e autonomo dal processo penale vero e proprio, consentendo, sebbene con significative oscillazioni giurisprudenziali, la possibilità di procedere a sequestri e confische a danno di imprenditori solo sfiorati da sospetti di vicinanza con la criminalità organizzata, pur in assenza di una sentenza di condanna. Si tratta della famosa zona grigia in cui, attraverso lo strumento della prevenzione, si cerca di colpire i patrimoni di chi si ritiene abbia rapporti collaterali con la mafia.
Il tema è quanto mai delicato, tanto sul piano economico che su quello tecnico-giuridico, oltre che evidentemente su quello politico. Lo strumento della prevenzione è da sempre ritenuto cruciale nella lotta alla mafia e trova le sue origini nelle intuizioni dei protagonisti degli anni 70 e 80 di quella battaglia, fra cui i vari La Torre e Falcone. La coincidenza temporale fra il riferito incontro della premier con il procuratore antimafia e l’iniziativa parlamentare di Forza Italia non è quindi delle più felici. A ciò si aggiunga che nei prossimi giorni l’Avvocatura dello Stato dovrà rispondere a quattro quesiti rivolti all’Italia dalla Corte europea di Strasburgo nell’ambito di un ricorso avente ad oggetto la confisca di prevenzione di beni e di aziende intervenute nonostante le assoluzioni definitive arrivate nel processo penale dalle accuse di mafia.
Insomma, sarebbe non poco complicato, per la maggioranza, sostenere una legge come quella proposta da Forza Italia nel momento in cui l’Avvocatura dello Stato sostenesse che le misure di prevenzione sono compatibili con la Costituzione e la Convenzione europea. Non di meno, non sarà agevole per il Governo fare marcia indietro rispetto ai proclami della premier formulati nel corso del più volte citato incontro con la Direzione Nazionale Antimafia. All’orizzonte sembra profilarsi un nuovo attrito sulla giustizia, del tutto simile a quello registrato il mese scorso sulle intercettazioni. Solo che stavolta la posta in gioco è ancora più alta.
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