Il salario minimo ha fatto sparire il tema della giustizia. In commissione Affari costituzionali però sono incardinate quattro proposte di separazione delle carriere, una riforma alla quale il Governo non intende rinunciare, conferma in questa intervista Francesco Paolo Sisto, viceministro alla Giustizia del Governo Meloni.



Dunque avanti tutta, con diplomazia e decisione. “Noi siamo pronti a discutere con chiunque” spiega, ma “c’è qualcuno che non rispetta le regole. Interferire nei percorsi legislativi è uno sport che in passato l’Anm ha praticato con un certo successo. Da ultimo, però, la politica ha dimostrato di sapere svolgere il suo ruolo senza bisogno di aiuti esterni. E Mattarella ha esortato entrambe, politica e magistratura, al rispetto del dettato costituzionale”.



E ancora: “Dobbiamo proseguire nell’opera di costituzionalizzazione del processo, senza esitazioni”.

“Non esiste un contropotere giudiziario del Parlamento (…) Non esiste una giustizia costituzionale politica”. Come commenta le recenti parole del capo dello Stato?

Come sempre, il presidente Mattarella è in linea con la Costituzione. Se “non esiste un contropotere giudiziario del Parlamento”, è perché la magistratura dotata di autonomia e indipendenza è soggetta soltanto alla legge. Ma le leggi le fa il Parlamento.

Risposta diplomatica, inevitabile.

Mattarella ha ribadito giustamente la necessità di evitare ingerenze fra il ruolo del legislatore e quello dell’ordine giudiziario, invitando politica e magistratura a rispettare il dettato costituzionale.



Diciamo che da quella nota attribuita a “fonti di Palazzo Chigi” del 6 luglio, nella quale si accusava una parte della magistratura di pensare alle europee, il confronto ha superato il livello di guardia. 

È un dato di fatto: c’è qualcuno che non rispetta le regole. Interferire nei percorsi legislativi è uno sport che in passato l’Anm ha praticato con un certo successo. Da ultimo, però, la politica ha dimostrato di sapere svolgere il suo ruolo senza bisogno di aiuti esterni, con competenze certificate e rispetto dei valori fondanti della Costituzione.

Avanti così, dunque?

Noi siamo pronti a discutere con chiunque: magistratura, avvocatura, accademia. Ma una volta ultimato il confronto, sopraggiunge l’autonomia del procedimento legislativo, nel cui ambito il Parlamento va lasciato lavorare in assoluta tranquillità.

Qual è la sua diagnosi del problema?

Per anni siamo stati abituati a costanti strappi nei rapporti fra magistratura e politica. Ciascuno, diciamo così, a fasi alterne, si è “allargato”. Da qui l’importanza dell’intervento del presidente della Repubblica: la magistratura non deve interferire nei percorsi legislativi, la politica non deve mettere in discussione l’autonomia  e l’indipendenza dei giudici.

La separazione delle carriere?

Si farà. È nel programma di Governo, noi siamo stati eletti dai cittadini sulla base della condivisione di quel programma e abbiamo conseguentemente l’obbligo di portarlo a termine.

La separazione “è un pericolo per la democrazia”, dice l’Anm.

C’è l’articolo 104 Cost. che riguarda tutta la magistratura, autonoma e indipendente: ma solo il giudice, ai sensi dell’art. 111, deve essere “terzo ed imparziale”. La separazione è così già patrimonio della Costituzione. Occorre solo rimettere il giudice al vertice del triangolo previsto in Costituzione, un triangolo alla cui base ci sono accusa e difesa “in condizioni di parità”. L’imparzialità appartiene alla storia individuale, alla soggettiva di ciascuno, ma la terzietà è un fatto di equidistanza ordinamentale.

Sulla separazione delle carriere, visto il clima di scontro con le toghe, la prudenza ha suggerito di tirare il freno?

Non abbiamo tirato il freno. È stata posposta ad altri interventi ordinari, assai vicini ai problemi dei cittadini: abuso di ufficio, traffico di influenze, pubblicazione delle intercettazioni, rivitalizzazione dell’informazione di garanzia, limiti all’appello dei pm verso le sentenze di assoluzione, nuove garanzie per le misure cautelari. Tutto questo è nel primo step del crono-programma stabilito dal ministro Nordio.

Quando riaffronterete la riforma?

Dopo queste norme ci sarà un secondo “pacchetto” appena definito il precedente, a seguire si affronterà il capitolo separazione. Tengo comunque a precisare che il lavoro sulla separazione delle carriere nel frattempo va avanti: ci sono quattro proposte di legge incardinate in commissione Affari istituzionali.

Qual è il vostro modo di procedere? Il Governo è sembrato incerto.

La logica non è e non è stata solo quella dell’efficienza, o delle valutazioni tecniche e di sistema. Abbiamo a cuore, come caratteristica di questo governo, la risposta ai problemi quotidiani dei cittadini: quelli dei sindaci e dei dirigenti della Pa per l’abuso d’ufficio, le difficoltà della buona politica turbata da un reato di traffico di influenze illecite troppo generico, le sofferenze da chi si vede intercettato e pubblicato senza avere alcun tipo di responsabilità o legame nel processo. E qui, se permette, vorrei esorcizzare un fantasma che qualcuno ha evocato, a torto.

Prego.

Come siamo attenti alla giustizia della quotidianità, così su mafia e terrorismo non faremo sconti. L’anti-Stato, con noi al governo, non prevarrà mai sullo Stato. Lo dico, con toni perentori, a chi continua a insinuare strumentalmente il contrario.

Come si mette un freno all’abuso della diffusione delle intercettazioni?

Come nella riforma: affidando le scelte all’unico soggetto su cui nessuno può dire alcunché, il giudice. Il giudice, non il pm. Se il giudice citerà le intercettazioni nel suo provvedimento, ne legittimerà la pubblicazione. Il tutto sempre avendo cura di non riportare i dati di terzi estranei, ove non strettamente necessario.

Il diritto di cronaca non viene ristretto o compromesso?

Il diritto di cronaca è tale se è rispettoso del principio di pertinenza con il fatto-reato, non se divulga elementi eccentrici o sintonizzati al pruriginoso gossip. La stampa deve informare, non solleticare: articoli 27, 15 e 21 Cost. – presunzione di non colpevolezza, riservatezza, diritto di cronaca – devono essere tenuti in equilibrio virtuoso. Su questa impostazione abbiamo riscontrato consensi pressoché unanimi.

Cancellazione dell’abuso d’ufficio. Si dice che la Meloni abbia promesso cambiamenti a Mattarella. È vero?

Il vero problema dell’abuso di ufficio non è il proscioglimento o l’assoluzione o l’archiviazione, che riguarda circa il 93% dei casi, ma la pendenza del giudizio, con la conseguenza, come diceva Carnelutti, che il processo diventa la vera pena. In un Paese come il nostro, dove l’azione penale è obbligatoria, se si vuole eliminare la pendenza inutilmente afflittiva non ci sono alternative alla rimozione del reato.

Dicendo così però non ci ha risposto.

Al di là di ogni ipotesi, il Parlamento è sovrano, pronto alle soluzioni che il dibattito e il voto disegneranno: e, mi creda, il Governo non ha la minima pretesa di orientarlo. Se il Parlamento deciderà una soluzione diversa dalla nostra, sarà la benvenuta.

Concorso esterno in associazione mafiosa. La Meloni: “mi concentrerei su altre priorità”.

Giusto. In questo momento abbiamo altro da fare. Il concorso esterno ha riempito i giornali per una domanda casualmente rivolta a Nordio in un evento pubblico, alla quale il ministro ha risposto in modo assolutamente condivisibile.

In molte procure però non la pensano così. E sono altre barricate.

Il concorso esterno è un reato di genesi giurisprudenziale. Attenzione: nessuno nega la sua rilevanza, e una norma dedicata potrebbe pure aumentarne l’afflittività; ma nel frattempo non può non definirsi una anomalia: se nel nostro Paese vige il principio di legalità, come può esserci un reato senza una legge che lo supporti?

Cosa intende fare il Governo?

Non c’è un’esigenza di intervento immediato. Prima o poi, però, il tema di un reato sine lege lo si dovrà affrontare. Nel frattempo ribadisco: nessuno sconto alle associazioni criminali. Esattamente come ribadisco che nessuno pensa di ridurre lo spettro dello strumento-intercettazioni nella ricerca della prova, allo stesso modo affermo che non ci sarà alcuna minima indulgenza verso i reati di mafia e terrorismo.

C’è un problema rilevante che sembra sparito: cosa intendete fare per abbreviare la durata dei processi?

Non va dimenticato che la scorsa legislatura ha intrapreso le riforme che l’Ue ci ha chiesto come condizione per farci avere i fondi  del Pnrr, giustizia compresa. Ma anche quello che stiamo facendo risponde ad una logica di efficienza. Per esempio, l’abolizione dell’abuso di ufficio comporterà circa  5.300 reati in meno all’anno. Lo stesso vale per il traffico di influenze, come per la riforma della pubblicazione delle intercettazioni. Certo si può ancora migliorare.

Come?

Servono più magistrati. La nostra situazione è imbarazzante, in Germania ce n’è uno per 5mila abitanti, in Italia uno per 11mila abitanti. Intanto con l’assunzione di 8.500 giovani nell’ufficio del processo abbiamo già  ridotto dell’11% la lentezza dei processi; dobbiamo introdurne progressivamente altri a supporto dei magistrati. Anche il deposito digitalizzato degli atti renderà il processo più veloce.

Il lungo periodo berlusconiano, del quale lei è stato un esponente di spicco, ha fatto bene o male ai rapporti tra politica e magistratura?

Il sacrificio di Berlusconi non è stato inutile: ha sempre combattuto le ingiustizie, difendendo strenuamente la presunzione di non colpevolezza.

Cosa risponde a chi lo accusa di essersi difeso dai processi?

È solo uno slogan, tra l’altro ingiusto. Berlusconi si è difeso nei processi, non dai processi. Non solo: ha cercato di difendere tutti i cittadini da un processo che molte volte è ingiustificatamente invasivo, cercando di migliorarne la qualità. Dobbiamo proseguire nell’opera di costituzionalizzazione del processo, senza esitazioni. Sono ottimista.

Si prepari allo scontro, l’opposizione sarà dura.

Non temiamo i meccanismi democratici. Alla fine, a metodo corretto, corrisponde risultato giusto, conforme alla democrazia parlamentare.

Intendevo l’opposizione dei magistrati.

Quella è una opposizione, legittima, che finisce dove cominciano le prerogative e l’autonomia del parlamento. Dopo c’è solo un diritto di critica, liberamente esercitabile da ciascuno.

È ipotizzabile cambiare di nuovo l’articolo 68 Cost., tornando alla vecchia immunità parlamentare?

Assolutamente no, è un tema fuori dalla road map della giustizia di questo Governo. Ora dobbiamo lavorare su ciò che abbiamo descritto analiticamente nel programma, ed è tanto. Poi, ovviamente, “di doman non c’è certezza”.

(Federico Ferraù)

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