“Occorre ricostruire l’ordine voluto dalla Costituzione”, afferma in modo tranquillo ma tranchant Luciano Violante, ex magistrato, penalista, già presidente della Camera. Il tema è quello dei rapporti tra politica e giustizia. Le inchieste stanno condizionando in modo pesante il Pd, tra Bari e Torino. Il caso dei dossieraggi sui politici, un episodio senza precedenti per dimensioni e gravità, si è “inabissato” in procura a Perugia e per ora non se ne sa più nulla; la riforma della giustizia va a zig zag, le correnti della magistratura, dentro o fuori dal Csm, faranno presto nuovamente notizia.
“La politica si è sdraiata sul lettino del giurista”, ha detto Violante al Riformista la scorsa settimana. Il Sussidiario ha continuato la conversazione.
Destra e sinistra hanno compiti differenti nel cercare di restituire autonomia alla politica?
Giustizia e politica sono mondi confinanti e in competizione l’uno con l’altro, pensiamo soltanto al processo che sta affrontando Trump negli Stati Uniti. Ma la sovranità spetta alla politica, che deve esercitarla assumendosi le proprie responsabilità: orientare il Paese, fissare gli obbiettivi, predisporre regole e mezzi. Se non lo fa, la sovranità è esercitata dalla magistratura che orienta il Paese, si attribuisce priorità, regole e mezzi. È tutta la politica che deve esercitare responsabilmente le proprie responsabilità, quella di destra come quella di sinistra.
In che modo?
Non con campagne punitive nei confronti dei magistrati, né difendendo l’indifendibile. Occorre ricostruire l’ordine voluto dalla Costituzione.
Quando qualcuno fa strani dossieraggi sui politici senza un mandato del pm, oppure un pm chiede che i politici siano sottoposti al narco-test perché il Governo introduce i test psicoattitudinali per i magistrati, la politica che cosa deve fare?
È il segno che bisogna ricostruire un ordine costituzionale, con diritti, doveri, poteri e responsabilità. Non ho consigli particolari da dare, ma adesso al governo c’è una maggioranza stabile. Non è la maggioranza che io vorrei, ma è stata eletta e ha il diritto di esercitare le sue funzioni, e mi pare che stia tentando di rimettere ordine nei rapporti tra parlamento, magistratura e informazione. Non condivido le soluzioni, ma c’è il tentativo di rimettere gli scacchi sulla scacchiera. Dell’intera scacchiera dovrebbe discutere la sinistra, non dei singoli pezzi.
E se non tutti gli scacchi fossero messi al posto giusto?
C’è la battaglia parlamentare e politica.
Sembra che al ministro Nordio vada in qualche modo stretto l’indirizzo politico in tema di giustizia impresso dal capo del Governo. Molte riforme avanzano in modo incerto, talvolta incoerente.
Bisogna distinguere tra Carlo Nordio opinionista e Carlo Nordio guardasigilli. Fa parte della maggioranza e deve attenersi alla politica della maggioranza, se intende esercitare le sue funzioni.
Nordio ha sempre avuto in mente una significativa depenalizzazione. Il Governo è andato in direzione opposta.
Siamo sommersi dalle nuove fattispecie penali. L’idea che la punizione costruisce un ordine è nella cultura politica della destra. La mia convinzione è che l’ordine si costruisce sulla base della persuasione, e non della punizione. La punizione lacera, non ripara.
Cosa devono fare oggi i partiti?
Tornare ad essere comunità pensanti, ristabilire un rapporto costruttivo tra politica e società. Mettere in soffitta il partito carismatico legato a un capo; sembra forte, ma si rivela debole, perché quando il capo inciampa tutti gli cadono addosso. È successo con tutti i carismi personalistici, da Berlusconi a Renzi.
Dove e come si forma una classe dirigente?
Qualche tempo fa un partito politico mi chiese di organizzare una scuola di partito. Io risposi che la scuola era il partito; se il partito, oltre a fare politica, non è una scuola, cioè non insegna un pensiero sulla società, non comunica valori, metodi di ragionamento e di affronto dei problemi, basati sul rispetto e il confronto, fare le scuole di partito non serve a nulla.
Trent’anni di subordinazione ai pm e di personalismo politico sono tanti. Non si può invertire la storia. Da dove si ricomincia?
Oggi confondiamo l’informazione con la conoscenza. Tutti siamo informati, ma conosciamo poco. Un partito dovrebbe colmare il divario che si è creato tra informazione e conoscenza, e riaprire la discussione con la società. Non una discussione basata su slogan e parole d’ordine, ma su ragionamenti.
Forse i tempi non aiutano.
No, non aiutano, ma il desiderio di capire c’è. Ma è disatteso. Ricevo spesso inviti da varie parti d’Italia in cui ci sono momenti organizzativi, di riflessione, ma sono sporadici, dovuti più alla buona volontà che a un indirizzo politico di fondo. D’altra parte, se votiamo due volte l’anno, nessun dirigente ha tempo per organizzare un pensiero strategico. Può solo pensare a come prendere un voto in più dell’avversario.
Senza arrivare allo strapotere dei donors americani, il tema del finanziamento va riproposto?
Sì, è indispensabile. Bisogna tornare al finanziamento pubblico. Tra l’altro c’è una proposta molto seria in giacenza, quella del senatore Giorgis, altre ne stanno circolando. Bisogna avere il coraggio di farlo. Le cose facili non richiedono coraggio, quelle difficili sì.
I principali errori?
C’è stato un eccesso di demagogia; Renzi fece grandi pressioni e Letta abrogò il finanziamento nel 2013. Ma lo stesso Renzi, credo, si è poi reso conto che fu un errore.
Basta una legge?
No. E chiaro che i partiti il finanziamento devono meritarselo. Deve corrispondere a un comportamento, se mi permette l’aggettivo, virtuoso del partito. Se ti meriti la stima puoi parlare di finanziamento pubblico, diversamente tutta la gente ti sarà contro.
Sul finanziamento è molto probabile che Pd, FI, FdI, Lega siano d’accordo con lei, non così i 5 Stelle. È un ostacolo risolvibile?
Se non ricordo male, M5s era partito da una concezione monacale di organizzazione politica, poi ha cambiato regole. Mi pare di per sé significativo. Ma ogni partito ha il diritto di avere la sua opinione, i 5 Stelle come gli altri. Si apra una battaglia politica. Da quanto tempo non se ne fa una vera in Italia?
A proposito di battaglie coraggiose. Non avrebbe senso tornare all’articolo 68 Cost. ripristinando l’immunità parlamentare abolita nel ’93?
Non lo vedo come un problema all’ordine del giorno. A mio avviso adesso lo è molto di più il finanziamento pubblico.
È invalsa l’abitudine dei giudici costituzionali o ex di parlare non attraverso le sentenze, ma le dichiarazioni e le interviste.
Quando hai servito un’istituzione, e non ne fai più parte, non dovresti più parlare di quello che è avvenuto nell’istituzione.
Non è altrettanto improprio dire che se il parlamento non farà una certa legge, “allora ci penserà la Corte”?
Anche questo mi pare sconveniente.
Lei ha espresso critiche verso la riforma del premierato, le può richiamare?
Il premierato contiene ancora troppe incognite. Nulla si dice della legge elettorale: i cittadini potranno eleggere i propri rappresentanti o potranno votare soltanto il presidente del Consiglio? Non è una cosa da poco. Non si può avere il Parlamento a rimorchio del premier, non siamo in consiglio comunale o regionale.
E l’agognata stabilità?
Istanza più che giusta, ma il modo in cui si va prefigurando non mi pare adeguato a raggiungere neppure questo obiettivo, perché i numeri due, a destra o a sinistra, ambiscono a prendere il posto del premier, con l’aiuto di una parte del parlamento.
L’assenza di vincolo di mandato, infatti, rimane.
Appunto. E quanto al problema dell’abuso dei decreti legge, la riforma non lo risolve.
(Federico Ferraù)
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