Nei 22 anni che ha passato nel braccio della morte Ledell Lee (un afroamericano) si era sempre detto innocente. Cosa che ha fatto ancora il 19 aprile 2017 il giorno prima che venisse giustiziato, cioè che gli venisse fatta l’iniezione letale che lo ha ucciso. Accusato di aver strangolato e ucciso a colpi di mazza da baseball una donna di 26 anni, Debra Reese, in un sobborgo di Little Rock nell’Arkansas nel 1993, Lee era stato condannato a morte. L’arma del delitto, ritrovata nella stanza della donna, è una mazza da baseball insanguinata. Anche una camicia insanguinata è stata trovata avvolta nella mazza. Diversi avvocati e associazioni che hanno collaborato con la sorella dell’uomo, inutilmente avevano chiesto nuovi esami del dna, sempre rifiutati, anche pochi giorni prima dell’esecuzione. La risposta del giudice federale fu: “Abbiamo già perso troppo tempo”. Quattro anni dopo che è stato giustiziato viene scagionato. Gli avvocati affiliati all’Innocence Project e all’American Civil Liberties Union ottengono, caso raro in America dopo una esecuzione, un nuovo test del dna: affermano che il test ha rivelato che il materiale genetico sull’arma del delitto – che non è mai stato testato in precedenza – in realtà appartiene a un altro uomo.
GIUSTIZIATO SCAGIONATO: CHI E’ IL VERO ASSASSINO?
Il governatore Asa Hutchinson, in una conferenza stampa, ha difeso l’esecuzione del signor Lee. “È mio dovere rispettare la legge”, ha detto, aggiungendo che “il fatto è che la giuria lo ha ritenuto colpevole sulla base delle informazioni che avevano”. Ha definito la nuova prova del DNA che è emersa “inconcludente”. In realtà anche gli avvocati difensori hanno ammesso che i nuovi profili emersi dal dna non erano disponibili durante il processo. Adesso il profilo caricato su un database gestito dall’Fbi non ha ancora rivelato un profilo, cioè il dna dell’uomo misterioso non corrisponde a nessun profilo dna disponibile. Quantomeno il nuovo profilo rimarrà nel database e verrà confrontato con tutti i nuovi profili che emergeranno in futuro. Il fatto che il dna non sia presente non significa che l’assassinio non sia un’altra persona, am solo che quell’uomo non aveva e non ha compiuto altri atti criminali. Quella di Lee fu la prima esecuzione in Arkansas dopo dieci anni e solleva ancora una volta tutti i dubbi della pena di morte, oltre alla barbarie insita nella condanna stessa, che priva i condannati di qualunque percorso di pentimento e riscatto come prevedono le leggi di tutti i paesi realmente democratici. Ma dimostra come in America un afroamericano venga condannato a morte facilmente: Lee ha dovuto affrontare solo ostacoli nel corso degli anni, tra cui un avvocato ubriaco e impreparato alle udienze, testimoni oculari di quartiere inaffidabili e conflitti di interesse per i principali attori. Indagini insomma frettolose e superficiali.