Giusy Ferreri, che ha ottenuto la popolarità grazie alla partecipazione a “X Factor“, esperienza condivisa da altri colleghi amatissimi quali Noemi e Marco Mengoni, dove ha sempre sottolineato di voler avere un rapporto il più possibile trasparente con il suo pubblico. Proprio per questo non ha mai nascosto quanto il sogno di affermarsi nella musica fosse forte dentro di lei quando sembrava difficile riuscire a uscire allo scoperto. Non è un mistero, infatti, la sua esperienza da cassiera al supermercato prima di arrivare nel talent show.



L’interprete di “Non ti scordar di me” è davvero orgogliosa della sua bella famiglia, composta dal compagno Andrea e dalla loro bambina Beatrice, ma non ha mai nascosto quanto non sia stato semplice realizzare il suo sogno di diventare mamma. Da bambina aveva scoperto di essere affetta da una grave malattia con cui si trova a convivere ancora oggi.



La malattia di Giusy Ferreri: il racconto della cantante

A soli otto anni Giusy ha scoperto di essere affetta da una grave malattia, la sindrome di Wolff-Parkinson-White, che le è stata diagnosticata dopo uno svenimento. Il problema non è particolarmente diffuso, ma non deve essere sottovalutato proprio perché colpisce il cuore: chi ne è affetto non ha infatti una perfetta connessione fra l’atrio e il ventricolo. Nel momento in cui insorgono sintomi quali tachicardia, vertigini e svenimenti sarebbe bene quindi effettuare un controllo medico.

Era stata proprio la stessa cantante a raccontare la sua situazione attuale: “Di quel giorno ricordo solo la felicità di trovarmi per la prima volta in uno studio di registrazione. Un attacco improvviso di tachicardia, poi il buio. So di aver emesso uno strano gemito, una sorta di spasmo e di essere caduta a terra svenuta: l’ossigeno non era arrivato al cervello e mi aveva provocato una sincope. Il motivo? Sono nata con una malformazione cardiaca che mi ha sempre comportato tachicardie anomale. All’inizio, però, quel disturbo era stato diagnosticato come semplice soffio al cuore, molto comune nei bambini e destinato a scomparire spontaneamente con l’ adolescenza! Il primo intervento non è andato a buon fine, perché il tessuto da rimuovere era in una posizione difficile, troppo all’interno del cuore, mentre un paio di settimane dopo, il secondo, con una tecnica più potente ed efficace, mi ha risolto la vita. Tre ore di intervento, tre giorni di ricovero ed ero un’altra donna. A 21 anni sono uscita dall’incubo”.