Giusy Ferreri non è amata dalla critica musicale. L’atteggiamento snob che contraddistingue questa categoria con lei si fa sentire particolarmente. Non sappiamo perché, forse non le perdonano le sue umili origini. Non è uscita da un talent show alla moda come tante sue colleghe, era una cassiera di supermercato prima di intraprendere la strada della musica e questo se lo sono segnato. Sta di fatto che, nonostante sia giunta a questo Sanremo 2022 dopo diversi anni di silenzio discografico, la cantante meriterebbe ben altro trattamento. La sua canzone in gara, Miele, non solo è una bella canzone, ma si distingue da molta della paccottiglia in concorso e lei ha fatto una ottima interpretazione, a fronte di diversi “mostri sacri”, che invece hanno pure stonato. Eppure, il voto della critica è stato basso, in classifica è terzultima e anche le pagelle pubblicate da molte testate sono state impietose con lei. Perché? Lei glissa sull’argomento e si dimostra invece artista di classe anche soltanto parlando.
Che cosa c’è dietro all’idea di aver messo un grammofono vicino al direttore d’orchestra durante la tua esecuzione e all’uso del megafono che hai fatto?
È stata una scelta artistica molto mirata. Miele è stata concepita con queste sonorità che rimandano a un mondo antico, dove la voce in due punti ha la sonorità di una voce che provenga appunto da un grammofono. L’uso del megafono nautico è lo strumento migliore per introdurre questo tipo di effetto ed era l’unico modo per ottenere questo suono vintage. Mi piaceva anche come cornice stilistica per rimandare non solo alla canzone, ma a tutto il progetto del nuovo disco Cortometraggi, che ha questo impianto cinematografico. Il megafono viene infatti utilizzato anche dai registi dei film.
Parlaci di Cortometraggi, il nuovo disco.
Nel disco c’è un omaggio a Federico Fellini per creare questa cornice di un disco come se fossero tanti piccoli film. L’idea di portare il megafono sul palco è stato anche un modo di ricreare una atmosfera felliniana.
La sensazione di essere in un film l’abbiamo avuta sin dal primo ascolto. La musica rispecchia le emozioni del cinema, come ti ritrovi in questa atmosfera?
Il brano in effetti mi fa pensare a un regista di film. Miele ha un testo semplice, diretto e mi piace l’idea di arrivare in maniera sobria a Sanremo. Volevo creare un distacco dal mio percorso musicale degli ultimi anni, che mi ha visto protagonista di brani pop solari. Questa canzone è stato un po’ un esperimento che potesse mantenere orecchiabilità e immediatezza, ma soprattutto per un Sanremo differente rispetto ai Festival precedenti.
Come stai vivendo il tuo primo Festival da mamma?
Con grandissimo entusiasmo, da mamma sicuramente immaginare mia figlia di 4 anni e mezzo a casa che mi guarda è molto bello. Ho saputo che è rimasta sveglia per vedermi. L’entusiasmo è legato anche al privilegio di poterci essere su questo palco e arrivare con un progetto che per me è anche l’inizio di un nuovo capitolo, rimandato per colpa della pandemia, in verità. Spero che questo 2022 sia più leggero e porti soluzioni a tutto quanto abbiamo vissuto negli ultimi due anni.
Per la serata delle cover hai scelto Io vivrò di Lucio Battisti, come mai?
L’ho scelta perché avevo in mente comunque di omaggiare un brano italiano. Questo in particolare è molto intenso ed è un grande brano della storia della musica italiana. L’ho scelto perché è totalmente differente da Miele e voglio portare anche due approcci vocali differenti. L’arrangiamento vuole richiamare una atmosfera soft rock. L’aggiunta di Andy dei Bluvertigo con cui sono molto amica – ci siamo già esibiti insieme dal vivo – è un valore in più. Non volevo fare un duetto di voci: Andy, grandissimo polistrumentista, darà quel tocco in più di suoni per creare una magia di suono molto ricercata.