Delle numerose misure del Piano nazionale di ripresa e resilienza di cui poco si è parlato, anche perché con una scadenza meno immediata delle altre, c’è la spending review. In base alle legge 196 del 2009 sarebbe dovuta essere un’attività permanente della Pubblica amministrazione che avrebbe reso la spesa pubblica più efficiente e più efficace.
In effetti, la normativa del 2009 non è stata mai applicata in via operativa. Sono state tentate più di una spending review, spesso affidandosi a esperti esterni alla Pubblica amministrazione. I risultati non sono stati brillanti. Successivamente, prima la pandemia e subito dopo l’aggressione della Federazione Russa all’Ucraina hanno tolto la spending review dalle priorità della politica.
Vi ritorna con il Pnrr dove si prevede una riforma delle misure di revisione della spesa ed è in fase avanzata di preparazione un Dpcm che dia concreta applicazione alla legge del 2009. Quest’ultima prevede che sulla base degli obiettivi programmatici indicati nel Documento di economia e finanza, entro il 31 maggio di ciascun anno, con decreto del presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell’Economia e delle Finanze, siano definiti gli obiettivi di spesa per ciascun Ministero. Tali obiettivi, riferiti al successivo triennio di programmazione di bilancio, potranno essere definiti in termini di limiti di spesa, comprendendo in essi anche eventuali risorse aggiuntive rispetto a quelle previste a legislazione vigente, e di risparmi da conseguire, anche tenendo conto delle eventuali ulteriori iniziative connesse alle priorità politiche del Governo.
Secondo lo schema di Dpcm, che dovrebbe essere varato dal prossimo Consigli dei ministri ed essere applicativo dal 10 novembre, gli interventi da adottare per il conseguimento di tali obiettivi saranno definiti da ciascuna amministrazione in sede di predisposizione del disegno di legge di bilancio, saranno monitorati, come previsto dalla normativa e dalle milestone del Pnrr per gli anni successivi, verificando il raggiungimento degli obiettivi di risparmio assegnati.
Dopo l’approvazione della Legge di bilancio, il ministro dell’Economia e delle Finanze e ciascun Ministro di spesa dovranno stabilire, in appositi «accordi», le modalità e i termini per il monitoraggio del conseguimento degli obiettivi di spesa. Gli «accordi» dovranno essere definiti entro il 1° marzo di ciascun anno con appositi decreti interministeriali. I medesimi «accordi» potranno essere aggiornati, anche in considerazione di successivi interventi legislativi. Il ministro dell’Economia e delle Finanze dovrà informare il Consiglio dei ministri sullo stato di attuazione degli «accordi» sulla base di apposite schede trasmesse da ciascun Ministro al presidente del Consiglio dei ministri e al ministro dell’Economia e delle Finanze entro il 15 luglio. Ciascun Ministro, inoltre, dovrà inviare entro il 1° marzo al presidente del Consiglio dei ministri e al ministro dell’Economia e delle Finanze, con riferimento agli «accordi» in essere nell’esercizio precedente, una relazione che illustri il grado di raggiungimento dei risultati ivi previsti e le motivazioni dell’eventuale mancato raggiungimento degli stessi, tenuto conto anche di quanto emerso nel corso del monitoraggio effettuato.
Lo schema di Dpcm dà attuazione alle indicazioni del Def in base alle quali le Amministrazioni centrali dello Stato dovranno realizzare, rispetto alla previsione tendenziale a legislazione vigente, risparmi di spesa pari a 800 milioni di euro per l’anno 2023, 1.200 milioni di euro per l’anno 2024 e 1.500 milioni di euro a decorrere dall’anno 2025 in termini di indebitamento netto.
Ciascun Ministero, per il tramite delle strutture di indirizzo politico-amministrativo, deve trasmettere entro 10 novembre 2022, le proposte di riduzione al ministero dell’Economia e delle Finanze per le necessarie valutazioni tecniche. Il ministero dell’Economia e delle Finanze provvederà poi a comunicare le proposte alla presidenza del Consiglio dei ministri.
Il ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato verificherà la quantificazione degli effetti finanziari e la congruenza delle proposte formulate con l’obiettivo di spesa di ciascun Ministero, nonché la coerenza con le proposte formulate in sede di predisposizione del disegno di legge di bilancio.
Nel caso in cui le proposte formulate da ciascun Ministero non consentano di raggiungere l’obiettivo di spesa assegnato, il ministro dell’Economia e delle Finanze informa il Ministro competente ai fini dell’integrazione delle proposte, e, qualora non si riesca comunque ad assicurare il raggiungimento dell’obiettivo attribuito al medesimo Ministero, con il disegno di legge di bilancio 2023-2025 saranno operate riduzioni degli stanziamenti di bilancio di competenza e cassa previsti a legislazione vigente per l’importo mancante al raggiungimento del predetto obiettivo relativi a:
a) fondi da ripartire per provvedere a eventuali sopravvenute esigenze di acquisto di beni e servizi iscritti nei pertinenti stati di previsione;
b) fondi a disposizione per eventuali deficienze di taluni capitoli limitatamente alle Amministrazioni nei cui stati di previsione siano istituiti;
c) fondi di parte corrente e di conto capitale alimentati dalle risorse rinvenienti dal riaccertamento dei residui passivi, ai sensi dell’articolo 34-ter della legge 31 dicembre 2009, n. 196;
d) ulteriori voci di spesa individuate nell’ambito della spesa corrente del Ministero inadempiente.
Inoltre, ai Ministeri che presentano proposte non coerenti con l’obiettivo di spesa assegnato non si applica, in sede di predisposizione della Legge di bilancio per il triennio 2023-2025, la reiscrizione in bilancio dei residui passivi. Entro il 1° marzo 2023, con appositi decreti interministeriali, devono essere definiti gli «accordi» per il conseguimento degli obiettivi di spesa tra il ministero dell’Economia e delle Finanze e gli altri Ministeri di spesa.
Tutto ciò sembra piuttosto tecnico e di poco interesse per l’opinione pubblica in senso lato. In effetti, ci sono almeno tre aspetti che rappresentano una piccola rivoluzione: a) il fatto che la spending review diventerà un’attività permanente finalizzata al riassetto della spesa pubblica; b) la centralità che assume la Ragioneria Generale dello Stato, in effetti il primato rispetto alle altre Amministrazioni dello Stato; c) la rete di «accordi», in effetti contratti, tra il ministero dell’Economia e Finanze ed il resto della Pubblica amministrazione.
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