Per evitare i pericoli di recessione grave e disoccupazione, nonché di impoverimento delle famiglie a reddito fisso per inflazione, nel biennio 2022-23, all’Italia servirebbe uno scudo di denaro pubblico extra dai 40 ai 60 miliardi di euro – calcolo preliminare del gruppo di ricerca dello scrivente -, periodo necessario per la sostituzione dei rifornimenti di energia dalla Russia e per l’aggiustamento/riequilibrio del mercato. Di questi il Governo potrà trovarne circa 9-10, una parte già allocata nel recente decreto e il resto disponibile modificando capitoli di spesa già decisi nel bilancio, senza fare scostamenti dai saldi definiti o modificando troppo il Pnrr. 



Da un lato, non si può criticare oltre misura il Governo perché sta facendo quello che può sia entro i limiti di indebitamento che mantengono sostenibile il rifinanziamento dell’enorme debito pubblico, sia per rispetto dei vincoli Ue che condizionano l’erogazione dei fondi decisi in periodo pandemico. Inoltre, la geopolitica di differenziazione delle forniture di gas e la messa in opera di fonti alternative sta accelerando. Dall’altro, non si può tacere il problema che serviranno molti più soldi di quelli al momento stanziabili nazionalmente. Infatti, alcuni partiti premono o per uno scostamento di bilancio o per la riconversione del Pnrr. Ma il Governo segnala che non potrà farlo. 



Pertanto l’unica soluzione è che l’Ue lanci un War Recovery Fund, cioè un fondo flessibile a indebitamento comune non contabilizzabile nazionalmente (fino a 400 miliardi circa) che fornisca ai singoli Stati le risorse necessarie per gestire lo stress del biennio. Da due mesi circa ci sono indiscrezioni che fanno ipotizzare lo studio di una tale soluzione. Ma al momento non c’è un segnale forte che sia in montaggio. 

Si possono ipotizzare diversi problemi che spiegherebbero il ritardo, tra cui quello che tale fondo avrebbe erogazioni differenziali perché le nazioni stanno subendo impatti differenziati, Germania e Italia di più. Ma è irrazionale impegnare le nazioni Ue in sanzioni che hanno un costo per chi le emette senza creare uno scudo. Inoltre, c’è un mezzo mistero: la Bce ha dichiarato che non permetterà una differenziazione eccessiva degli spread, cioè del grado di affidabilità dei debiti nazionali, ma chi scrive non capisce come possa dirlo senza prevedere un fondo europeo straordinario. Anche perché, pur sperando che la guerra cinetica in Ucraina trovi presto una tregua, quella economica contro la Russia è probabile duri a lungo così come le tensioni. 



Roma deve premere sull’Ue. 

www.carlopelanda.com 

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