Una storia incredibile, di amore, coraggio e rinascita. Pochi giorni fa, Marina ha ricevuto un messaggio da parte di uno sconosciuto, che aveva ricevuto gli organi di suo marito Roberto, morto nel 2013 in un incidente stradale. “Ciao Marina non mi conosci, mi presento io sono Luigi e 10 anni fa tuo marito mi salvò la vita. Domani 28 luglio sono 10 anni che sono stato trapiantato di fegato all’ospedale Cisanello di Pisa. Tuo marito sarà sempre il mio angelo! Io in tutti questi anni ho sempre fatto fare una messa per Roberto, ma ho avuto il coraggio di scriverti solo adesso. GRAZIE INFINITE! La faccio breve. Dal mese di dicembre 2013 mi sono messo sul computer per rintracciare quelli che avevano donato gli organi poiché facevo la fotoferesi a Cinisello, ho saputo che il mio organo veniva da Careggi. Io sono stato chiamato dall’ospedale alle ore 20.30 dicendomi che dovevo stare in ospedale entro le ore 23.30 per la preparazione”, si legge nel messaggio.



Nella lettera a cuore aperto arrivata alla vedova, Luigi racconta il suo calvario: “La mattina presto sono entrato in sala operatoria per poi risvegliarmi a piene facoltà mentali dopo il 20 agosto 2013. Perché ero talmente debilitato prima del trapianto che ero giunto quasi alla fine. Ho letto la vostra storia su internet e ho capito. Quel giorno era una Domenica, e al Careggi quel giorno solo una persona aveva donato gli organi è solo un fegato è stato trapiantato, quello donato a me. Ancora non reggo alle lacrime ogni volta che ci penso. Mia figlia mi aiutato a scriverti perché non riuscivo a scrivere per l’emozione che ho provato. Grazie alla sua generosità sono tornato in vita. Grazie a te e tutta la famiglia di Roberto con un grande grande grande abbraccio”.

Marina incontrerà l’uomo salvato dagli organi del marito

Intervistata da La Stampa, Marina ha espresso il desiderio di conoscere Luigi, che suo marito Roberto ha salvato. Anche lei aveva provato a contattare le persone che avevano ricevuto gli organi del marito, senza riuscirci a causa della legge sull’anonimato, come racconta a La Stampa: “In qualche modo, era nelle cose che ci incontrassimo. Sei mesi dopo la morte di Roberto, quando ancora non mi ero ripresa dalle fratture e dalle ferite, avevo scritto al Centro trapianti dell’ospedale Careggi di Firenze, dove era avvenuto l’espianto. Mi avevano detto soltanto dove erano andati gli organi, avevano ribadito la necessità dell’anonimato, ma avevano aggiunto che i riceventi volevano conoscermi quanto io volevo conoscere loro. Poi negli anni ho cercato di non pensarci più. Luigi ha incrociato le informazioni e mi ha scritto su Messenger. È stata una grandissima emozione. Poco dopo mi ha mandato un messaggio anche la figlia: “Grazie a te ho ancora un madre”. Presto ci incontreremo, ho una voglia matta”.



Quella notte del 26 luglio, Roberto è morto in autostrada, travolto da un tir: “Io e Roberto eravamo partiti in macchina da Milano, dove entrambi lavoravamo, diretti verso la nostra Sicilia, dove ci eravamo conosciuti quasi bambini. Entrambi nati a Palermo, entrambi a fare le vacanze nel paesino di Castel di Tusa. Erano le 23.50, ci trovavamo in autostrada, il traffico era rallentato per un restringimento della carreggiata. Guardo Roberto e gli dico: che bello, siamo già a Firenze, tra poche ore saremo a casa. Poi non ricordo più nulla. La ricostruzione dice che questo tir è piombato addosso alle macchine in coda. La nostra auto si è ribaltata. Lui ha sbattuto la testa e non si è più risvegliato”. 

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