Il Coronavirus ci ha insegnato che la scienza procede per tentativi e che non è depositaria di una sola verità definitiva: posta di fronte a una malattia nuova e di conseguenza non conosciuta, procede naturalmente con esperimenti ed ipotesi, che possono essere anche in contraddizione fra loro. Ecco perché ne abbiamo sentite “di tutti i colori” anche da parte di scienziati stimati, con discussioni a volte aspre e anche cambiamenti di opinione spesso radicali.



D’altronde, in nessun settore della conoscenza umana come la scienza saper cambiare idea in base alle nuove evidenze che emergono è segno di intelligenza e nel mondo scientifico evolvere il proprio pensiero non è certo classificabile come una mancanza di coerenza o ancora peggio con l’essere voltagabbana. Il rischio però è che il grande pubblico ne resti disorientato e perda fiducia nell’operato della scienza nella lotta al Coronavirus.



Un caso clamoroso è relativo alle mascherine: l’iniziale dibattito circa la loro effettiva utilità nel contrasto al contagio fa sì che molte persone ancora oggi siano scettiche e magari non le indossino, nonostante ormai sia chiaro ed evidente il ruolo delle mascherine nel contenimento della diffusione del Coronavirus, specialmente per quanto riguarda le persone asintomatiche.

SCIENZA E CORONAVIRUS: UN PROCESSO DI CONOSCENZA CHE CONTINUA

Per gli scienziati è normale adattare le proprie opinioni in base al graduale emergere di nuove informazioni su un qualunque argomento, ma quando la scienza è alle prese con una pandemia come Coronavirus ecco che questo meccanismo può diventare un problema a livello della più ampia opinione pubblica. Ad esempio: in base alle scarse conoscenze che avevamo del Coronavirus ancora a febbraio, è normale che la scienza si dividesse in varie opinioni.



Cosa può succedere però se molte persone continuassero a credere a ciò che viene man mano smentito? Inoltre: su alcuni temi servono tempi inevitabilmente lunghi – vedi su tutti la questione dell’immunità e della sua durata – e ciò può deludere chi sente gli scienziati ripetere “non lo sappiamo” o “ci stiamo ancora lavorando”.

Il pubblico vuole risposte e pure la politica vorrebbe linee guida chiare sulle quale operare per prendere le proprie decisioni – con il rischio di demandare troppo o che scarichi poi la colpa di errori od omissioni proprio sugli scienziati -, ma questo semplicemente spesso non è ancora possibile in base alle conoscenze che al momento la scienza ha sul Coronavirus. La scienza in questi pochi mesi ha già fatto notevoli passi avanti, ma il processo di “scoperta” del Coronavirus prosegue ancora oggi e proseguirà ancora.

SCIENZA E CORONAVIRUS: CAMBIARE IDEA, UN PREGIO RISCHIOSO

I migliori scienziati sono quelli che continuano a valutare sé stessi per osservare che cosa è giusto e cosa è sbagliato nelle proprie idee e sanno cambiare le proprie idee: questo è un concetto che con il Coronavirus è importante arrivi anche al grande pubblico.

La scienza anzi è sotto pressione per la necessità di avere risposte nel più breve tempo possibile a una pandemia che sta facendo tantissimi morti, ma questo inevitabilmente alza pure il margine d’errore, soprattutto se si tratta dei primi riscontri parziali di uno studio, quelli che normalmente circolano solo fra una ristretta cerchia di persone mentre con il Coronavirus e grazie a Internet sono ora accessibili a milioni di persone, che magari rimangono sbigottite davanti al confronto di opinioni discordanti e talora addirittura opposte.

Tutto questo è normale, ma gli scienziati sono invitati ad adottare il massimo della cautela, perché c’è il rischio di alimentare lo scetticismo: serve dunque resistere all’umana tentazione di apparire, in queste settimane in cui gli scienziati sono sotto i riflettori come star dello sport o dello spettacolo. D’altro canto ciò naturalmente non significa “zittire” il dibattito scientifico, che resta un fondamentale confronto di idee per vincere la comune battaglia di tutta la scienza contro il Coronavirus.