Il glifosato è meno cancerogeno della carne rossa? Sta facendo discutere in Francia lo studio dell’Ufficio parlamentare per la valutazione delle scelte scientifiche e tecnologiche (OPECST). Questo gruppo di parlamentari francesi ha avuto nel febbraio dello scorso anno l’incarico di controllare il sistema di valutazione delle sostanze pericolose, e ovviamente non poteva mancare il glifosato. A differenza di altri studi, in questo si afferma che non è provato il fatto che l’erbicida sia cancerogeno, sebbene l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) lo classifichi come “probabile cancerogeno”. Le conclusioni di questa indagine, su cui si sta già dibattendo in Francia, saranno presentate giovedì, intanto il senatore Pierre Medevielle, vicepresidente dell’OPECST, in un’intervista a La Depeche du Midi ha anticipato i risultati dello studio. «Nessuno studio scientifico dimostra che il glifosato è cancerogeno. Sarò il primo a chiedere il divieto quando verrà trovata la prova scientifica della sua nocività, ma ora posso dire che è meno cancerogeno di salumi e carne rossa, che però non sono proibiti».
GLIFOSATO MENO CANCEROGENO DELLA CARNE?
L’intervista non ha mancato di suscitare polemiche in Francia, anche perché il senatore Medevielle ha parlato di «isteria collettiva causata da una molecola che si sostiene sia cancerogena ma che in realtà non lo è». Da una sintesi del rapporto che Franceinfo ha avuto modo di studiare, i commenti del senatore non rispecchiano il contenuto del testo. Pierre Medevielle è solo uno dei quattro relatori dello studio. Nella relazione si stabilisce che è esagerato considerare il glifosato come un enorme problema per la salute, ma al tempo stesso che l’a commissione non può risolvere la controversia tra l’Oms, secondo cui il glifosato è probabile cancerogeno, e l’Efsa, che sostiene il contrario. Ci sono due autorità che, essendosi basate su diversi studi, hanno raggiunto conclusioni differenti. L’Efsa ha valutato il funzionamento della molecola, l’Oms invece l’esposizione della popolazione. La relazione dell’Ufficio parlamentare va anche oltre: pur considerando severe le regole che disciplinano queste agenzie, ritiene che servano maggiori risorse per evitare conflitti di interesse con il settore industriale.