La globalizzazione nel corso dell’Età del Bronzo era molto più avanzata di quanto potessimo credere. La scoperta, come riportato da Der Spiegel, arriva dai resti di un naufragio risalente a 3300 anni fa. Un veliero da carico lungo circa 15 metri affondò a meno di 100 metri dalla riva dell’odierna Turchia. Il relitto è stato scoperto nel 1982 al largo del promontorio Uluburun e ad oggi rappresenta uno dei reperti archeologici più importanti di quell’epoca.
Il contenuto dell’imbarcazione ha lasciato sorpresi gli esperti. La merce trasportata, infatti, proveniva da diverse aree del mondo. Rame da Cipro, spade dalla Sicilia, denti di ippopotamo dall’Africa e ambra dal Mar Baltico, nonché uno scarabeo d’oro con inciso il cartiglio della regina egiziana Nefertiti. Ciò dimostra che i Paesi del Mediterraneo erano completamente collegati tra loro da un vivace commercio. Ma non è tutto. È emerso, infatti, che alcuni lingotti di stagno rinvenuti a bordo provenivano addirittura dall’Asia centrale.
Globalizzazione era avanzata in Età del Bronzo: la scoperta degli archeologi
La scoperta dei lingotti di stagno rappresenta l’emblema del fatto che la globalizzazione era molto avanzata nell’Età del Bronzo. Essendo questi provenienti dall’Asia centrale, ciò significa infatti che esisteva una vera e propria antenata della Via della Seta. In totale, erano più di cento per un totale di un peso di quasi una tonnellata. Lo stagno, d’altronde, era la materia prima più rara e al contempo ricercata. È per questo motivo che la sensazione è che ci fosse una rotta di consegne fisse attraverso cui i diversi Paesi si approvvigionavano.
A bordo, difatti, c’erano dieci tonnellate di rame e circa una tonnellata di stagno, esattamente la giusta proporzione per produrre bronzo di altissima qualità. Gli archeologi presumono che il prezioso carico sia stato caricato nel Levante, ad esempio nella celebre città portuale di Ugarit, nell’attuale Siria. È probabile che si trattasse di una consegna di metallo per conto dello Stato. La varietà di altre merci a bordo – anfore, lingotti di vetro colorato, ceramiche, spezie, gioielli e cosmetici – fa credere però che l’equipaggio commerciasse anche nei porti in cui faceva scalo per proprio conto.