Un recente e rivoluzionario studio è riuscito a definire, per la prima volta nella storia umana, l’origine dei globuli rossi, aprendo la strada a tutta una nuova serie di possibili terapie. A fare la scoperta sono stati i ricercatori del Weizmann Institute of Science di Rehovot, in Israele, assieme ad altri colleghi di vari istituti israeliani, europei ed americani, capitanati dal professor Ido Amit, mentre la ricerca è stata pubblicata sulla rivista Nature.
L’origine dei globuli rossi, da sempre, rappresenta uno dei principali misteri sulla biologia umana, e negli anni nessuna ricerca era mai riuscita a comprendere quali fossero le cellule depurate a questo scopo. I globuli, è ben noto, servono a trasportare l’ossigeno in ogni parte del corpo, e questa prima scoperta si deve al dottor Francois Vialut che notò per primo la maggior produzione di sangue in condizioni di affaticamento. Anni dopo, un ricercatore americano (su spinta di un’intuizione di altri ricercatori francesi), riuscì a scoprire che la produzione di globuli rossi era coordinata dall’ormone EPO, prodotto all’interno dei reni. Cosa, invece, regolasse l’attivazione dell’EPO è sempre stato il mistero, ora risolto.
La scoperta rivoluzionaria sui globuli rossi
Insomma, la ricerca scientifica sui globuli rossi, nonostante gli innumerevoli tentativi, si incagliò proprio sulla comprensione di cosa attivasse e disattivasse gli ormoni EPO. Lasciando da parte le difficoltà, vennero sviluppate numerose terapie contro l’anemia, che tuttavia si basavano solo sulla produzione controllata di EPO, che a sua volta attivava la maggiore produzione di sangue nei vasi dei pazienti.
Ora, invece, si è scoperto che EPO, l’attivatore della produzione di globuli rossi, è attivato a sua volta da altre cellule contenute nei reni e mai osservate prima, chiamate dai ricercatori “Norn” (creatura della mitologia norrena in grado di tessere i fili del destino). “In futuro”, ha commentato l’autore dello studio, Amit, “potrebbero essere sviluppati nuovi approcci per riattivare le Norn malfunzionanti o per rinnovare la loro popolazione nei reni”, andando ad agire in modo più funzionale sulla produzione di globuli rossi nei pazienti anemici. Similmente, spiega il dottor Barak Rosenzweig, tra i firmatari dello studio, la scoperta potrebbe anche ovviare al problema dei pazienti oncologici che necessitano di trasfusioni di sangue, con tutti i relativi rischi per il corretto funzionamento del sistema immunitario.