“Siamo sull’orlo dell’abisso”. Era il novembre del 2008, esattamente 11 anni fa. Ed erano parole di Richard Wagoner, numero 1 di General Motors, nel momento in cui esplodeva la crisi finanziaria che mandava in crash anche l’economia reale. E con questa, non poteva non saltare anche l’industria dell’auto. L’automotive che andava in crisi era il motore dell’America che si fermava: si tratta ancora dell’industria più rappresentativa degli Usa, la cui città simbolo è Detroit, patria delle Big Three (Ford, General Motors e Chrysler oggi Fca).



Sappiamo poi come è andata a finire: 18 miliardi di dollari autorizzati dall’amministrazione Bush per GM e Chrysler (Ford fece sapere di non avere bisogno di denaro). C’era infatti ancora George Bush (fino al 31 dicembre) alla guida degli Usa nonostante Barack Obama fosse neoeletto Presidente. In avvio di suo mandato, Obama ratificava la scelta del predecessore benedicendo la scelta felice di Chrysler di allearsi con Fiat affidando proprio a Sergio Marchionne la guida del risanamento della nascente Fiat-Chrysler che, comunque, restava la più piccola casa automobilistica di Detroit.



Oggi sono cambiate molte cose, Fca è società di diritto olandese e con sede a Londra. E non è più la terza casa automobilistica di Detroit. Tanto che a settembre di quest’anno ha superato Ford nelle vendite e risultando il secondo gruppo in Nord America. Come il mercato europeo, anche quello americano è in contrazione (calo del -12%): Fcca perde meno dei concorrenti diretti come GM (la più colpita), Ford e Toyota. Insomma, Fca è marcata a vista, soprattutto dopo l’annuncio della fusione con Psa.

Va inquadrata in questo scenario la notizia delle accuse di GM a Fca di aver corrotto membri dello United Auto Workers, il sindacato dei metalmeccanici americano. Più nello specifico, GM accusa Sergio Marchionne di essere ricorso a tangenti per corrompere le trattative sul contratto di lavoro fra il Uaw e le tre case di Detroit fra il 2009 e il 2015. Come qualcuno ricorderà, lo scorso anno Alphons Iacobelli – ex vicepresidente per i rapporti con i dipendenti di Fiat Chrysler in Usa – era stato condannato a 5 anni di carcere e aveva ammesso di aver effettuato pagamenti illegali in favore del sindacato Uaw, aggiungendo di agire nell’interesse di Fca nel tentativo di ottenere concessioni e vantaggi nella negoziazione degli accordi collettivi di lavoro tra Fca e Uaw.



GM oggi aggiunge un particolare: dietro Iacobelli c’era l’ad Marchionne che ricorreva a mazzette per corrompere le trattative fra l’Uaw e le case automobilistiche americane col risultato che il costo del lavoro era più alto per GM. La finalità ultima di Marchionne, secondo GM, era quella di indebolire finanziariamente GM e rendere più probabile una fusione con Chrysler.

Ora, a parte il cattivo gusto di accusare chi non può più difendersi, pare quantomeno singolare che la vicenda conosca questo sviluppo nel momento in cui Fca sta nuovamente crescendo per via della fusione con Psa. Non si tratta forse di un altro atto di guerra, dopo il dieselgate, dell’America trumpiana all’Europa? Da quando Donald Trump è alla guida degli Usa, l’Ue non è più questo grande alleato.

In attesa che l’America torni a essere quella che conosciamo, bisogna che l’Europa si svegli e impari a proteggere i suoi affari in giro per il mondo. Ma, ahimè, il mercato europeo non è così coeso come quello degli Usa. Molti campanilismi e rivalità, e in giro per il mondo paghiamo non solo pegno, ma anche dazio.

Twitter: @sabella_thinkin