Mario Draghi ha accettato con riserva l’incarico di formare un nuovo governo affidatogli dal presidente della Repubblica e oggi incontrerà i partiti. “Io penso che il governo Draghi si farà e sarà un governo solido” dice Stefano Folli, editorialista di Repubblica. Ci saranno tentativi di fermarlo, perché l’arrivo dell’ex governatore, secondo Folli, sta avendo forti ripercussioni su un sistema in profonda crisi. Ma non va dimenticato – aggiunge – che “quello di Draghi è il governo del presidente, e Mattarella, se dovessero insorgere dei problemi, lo aiuterà a risolverli”.



La giornata di ieri ha visto i partiti impegnati nelle riunioni di coalizione. Nel centrodestra la Lega attende di vedere quali saranno le proposte che Draghi metterà sul tavolo. Anche Forza Italia, che l’altro ieri salutava con favore la formula del governo istituzionale, ha raggiunto il partito di Salvini su questa posizione, mentre Fratelli d’Italia difende ufficialmente il ritorno al voto. Nella ex maggioranza che sosteneva Conte la situazione è ancora più ingarbugliata. M5s intende seguire Grillo (e Conte) nel no a Draghi, ma registra numerose fratture all’interno. Il Pd invece è scettico, diviso tra il sì ad un governo di impronta europeista e la necessità di salvare l’alleanza politica con i 5 Stelle, alla quale Zingaretti e Bettini non intendono rinunciare.



Stefano Folli, il governo Draghi andrà in porto o prevalgono le incognite?

In queste vicende l’assoluta certezza dei risultati non c’è mai, però ci sono le premesse per un risultato più che positivo.

Per quale motivo?

Perché il presidente della Repubblica ha messo in gioco la sua immagine e il suo prestigio e perché si è impegnata in prima persona una delle figure più prestigiose che abbiamo nel nostro paese, forse la più prestigiosa in assoluto. Certo ci sono qui e là delle resistenze, questo è evidente.

Come si spiegano?

Siamo davanti a una discontinuità netta. In poche ore siamo passati da una crisi di sistema a un’ipotesi eccezionale, commisurata all’emergenza economica e sanitaria.



Conte è fuori gioco. Siamo davanti ad una discontinuità soltanto personale?

No. Conte è stato il tentativo di dare corpo alla versione governativa dei 5 Stelle mantenendo qualcosa della carica anti-establishment originaria. Il tentativo non è riuscito e il risultato è stato una forzatura dei paletti istituzionali per mettere in piedi un sistema di potere geloso delle sue prerogative e per nulla disposto a interloquire.

È per questo che M5s, che attualmente è nel caos, intende dire no a Draghi?

Sì, credo però che i 5 Stelle non siano in grado di reggere questa linea. O almeno non in maniera compatta: potrà esserci una frangia che si oppone, quella più legata a Conte. Ma c’è tutto un mondo del pianeta grillino che va in un’altra direzione.

Una previsione?

L’equivoco populista su cui si è fondato M5s è arrivato al suo epilogo.

Come valuta il contraccolpo dell’arrivo di Draghi sul Pd?

Da questa vicenda il Pd esce sconfitto. La fine del governo Conte formalmente è stata provocata da Renzi, in realtà è figlia di un fallimento politico. Su quest’alleanza sempre più stretta con M5s e Conte il Pd – o almeno una sua parte – ha puntato tutte le sue carte. Ed è stato spiazzato dalla mossa di Mattarella.

Non è un caso che Franceschini tenti di salvare la centralità del Pd invitando i 5 Stelle a dire sì a Draghi.

Il Pd rivendica la propria responsabilità di partito moderato, che rappresenta un parte importante degli assetti di potere italiani ed europei, ma politicamente è sconfitto e dovrebbe rivedere la propria strategia.

Si spieghi meglio.

La cosa peggiore sarebbe far finta di non essere toccato dagli eventi e pensar di passare da Conte a Draghi come si cambia una camicia.

Il Pd è il partito dell’establishment europeo in Italia. Anche con Draghi al governo?

Draghi diventa il primo interlocutore di tutti i poteri politici ed economici europei. Questo è un cambio di paradigma fondamentale. Poi è chiaro che se alcuni partiti vogliono interpretare la loro vocazione europea, ben vengano perché Draghi ne ha bisogno. Il primo interprete però è lui.

Il centrodestra è diviso: FI e Salvini vogliono vedere le proposte, la Meloni è per il voto. Come commenta?

Ho l’impressione che non possano fare altro perché rappresentano tre sensibilità diverse rispetto all’Europa. Anche qui potrebbe esserci un effetto-Draghi importante.

Quale sarebbe?

Quello di una scomposizione e ricomposizione all’insegna di una maturazione politica. Non è possibile che una coalizione che rappresenta il 45-50% degli italiani sia ancora così incerta e divisa sul ruolo dell’Italia in Europa. Nessuno pretende che Lega e FdI la pensino come Enrico Letta. Devono però salvaguardare la loro specificità rendendosi affidabili.

Altrimenti?

Altrimenti l’intransigenza porta sterilità politica.

Un governo Draghi è compatibile con lo schema di un governo a tempo, ad esempio un mandato di 6 mesi per portare al voto?

Non credo proprio. Almeno non ufficialmente.

Quando Monti diventò presidente del Consiglio, nei 15 giorni successivi sembrò che potesse avere carta bianca su tutto. Poi fu il tempo delle mediazioni e il governo imboccò un lento piano inclinato. C’è lo stesso rischio?

Credo di no. Monti si muoveva ancora all’interno di un assetto abbastanza tradizionale, i partiti erano più forti e dopo un po’ imposero le loro condizioni. Adesso il sistema è molto più sfilacciato, mentre Draghi ha un peso internazionale superiore a quello di Monti. Il problema del condizionamento si pone in fretta perché l’arrivo è stato traumatico. In altre parole, qualche tentativo di dire no a Draghi ci sarà.

Con quali esiti?

Sono dell’avviso che siano destinati a fallire. E credo che Draghi avrà più possibilità di incidere di quanto è stato consentito a Monti, proprio perché in dieci anni il sistema si è molto indebolito.

Come cambia la partita del Colle?

In questo momento non saprei dire. Certamente è entrato in campo un concorrente molto importante, anche perché Mattarella ha detto di no a un mandato bis.

Vede un’ipotesi Ciampi, un premier che poi diventa presidente della Repubblica?

Certamente da oggi Draghi è la figura più forte che c’è sulla scena politica. Quindi tutto è possibile.

Quando Mattarella ha annunciato Draghi, la sensazione è stata quella di un’accelerazione fortissima e però subita, come se qualcosa non fosse andato per il verso giusto. È così?

C’è stata un’accelerazione dovuta al fatto che l’esplorazione di Fico è fallita in maniera fragorosa, ed è aumentata la preoccupazione di perdere altro tempo. Ma proprio perché le cose sono state decise molto in fretta, occorre che Draghi sia sostenuto e aiutato dal capo dello Stato.

Che cosa significa?

Se è il governo del presidente, il presidente della Repubblica aiuterà Draghi in tutti i passaggi critici, anche spianandogli la strada se necessario.

(Federico Ferraù)

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