I problemi che il presidente incaricato Mario Draghi si trova ad affrontare sono di una complessità straordinaria. Se ne può prendere uno per tutti: il blocco dei licenziamenti che i sindacati chiedono di prorogare, prendendo tempo, mentre la Confindustria vorrebbe limitare ai settori chiusi ope legis a causa della pandemia, come la ristorazione e il turismo. Per quest’ultima si tratta di procedere in modo non automatico per le imprese, distinguendo quelle chiuse a causa della pandemia da quelle in crisi per altre cause. A una tale prospettiva i sindacati fanno notare come non si sia in possesso di un indicatore certo per orientarsi tra le imprese a rischio a causa della pandemia e quelle a rischio per altri motivi: da qui l’improponibilità di qualsiasi intervento che non sia il più esteso possibile.
Non è affatto la prima volta che accade, anzi, si tratta di un vero e proprio caso-tipo che è possibile rintracciare in molte altre situazioni e costituisce il problema strutturale costantemente ricorrente nel nostro Paese: quello di trovarsi dinanzi alla scelta tra il distribuire le risorse evitando sanatorie generali che esaurirebbero rapidamente i fondi e l’impossibilità di operare delle distinzioni entrando nel merito.
Un simile schema si incontra molto spesso nei più diversi settori: di fatto la macchina degli interventi, in qualunque ambito venga applicata, si rivela sempre inadeguata se non addirittura inefficace. Così le emergenze si susseguono l’un l’altra, generando modifiche e riaggiustamenti costanti che, quasi sempre, non risolvono il problema ma semplicemente lo rinviano, spostandolo da un piano all’altro.
Di fatto non ci sono strumenti che, dall’alto, consentano un qualsiasi discernimento e che possano essere applicati senza appesantire e ingolfare ulteriormente la già obsoleta macchina burocratica, allungando all’infinito i tempi di qualsiasi distribuzione degli aiuti.
Di fatto il sistema-paese, oltre una certa soglia, resta opaco e, anche per questo, si rivela come ben poco governabile, ma solo mestamente “assistibile”.
Non sembra possibile uscire da un simile problema se non agendo simultaneamente tanto sul decentramento quanto sulle competenze e le responsabilità degli enti locali. Ma anche, e forse soprattutto, non si esce da un simile blocco se non approntando, simultaneamente, accanto al sistema degli aiuti, un progetto di rilancio dell’economia che consenta di pensare il Paese al di là della spirale infinita delle emergenze. Si tratta di indicare decisamente un percorso di sviluppo, precisandone le tappe intermedie e gli obiettivi a breve termine. Solo vedendo una luce in fondo al tunnel si può trovare la spinta per procedere.
Il vero rischio infatti, prima ancora dello stesso Covid e ancora più urgente di questo, è la crisi sociale, il venir meno della fiducia da parte dei cittadini verso un paese che, dopo aver ristagnato per anni, è finito rinchiuso in casa e rinviato ai divani, mentre il tessuto produttivo è franato, le università e le scuole sono rimaste chiuse e l’intera vita si è fermata. Così, che lo si voglia o no, alla pandemia del Covid ha fatto seguito uno tsunami sociale che ha spento il Paese.
Per quanto tutto questo sia stato visto come inevitabile, proprio per questa ragione il recupero di un percorso di crescita e di ripresa diventa ancora più necessario. Ad essere in terapia intensiva è ormai il Paese e la crisi sociale è alle porte. La scelta di designare una personalità come Mario Draghi da parte del presidente Mattarella (ma anche la stessa risposta positiva di quest’ultimo) si spiegano apertamente con la consapevolezza di un “tutto esaurito”, dove i problemi ormai vanno al di là delle singole soluzioni, ma riguardano quello che si può definire un vero e proprio “preambolo”: una serie di ragioni d’essere che fanno da premessa necessaria, da prospettiva di osservazione, così come da princìpi di riferimento.
Occorre riscrivere l’intera logica con la quale fino ad oggi si è amministrato il Paese. Si tratta di operare un gigantesco “reset” senza il quale nulla ci potrà salvare dalle conseguenze dello tsunami che è già arrivato e che solo gli artifici del nostro sistema di protezione sociale hanno permesso di non rendercene ancora conto.
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