Il Cese, Conseil Économique Social et Environnemental, è in Francia non molto diversamente profilato di quanto sia in Italia il “cugino” Cnel: “terza camera” costituzionale per l’economia e il lavoro. Certamente meno conosciuto del presidente del Cnel, Renato Brunetta, è il numero uno del Cese, Thierry Beaudet: che a sorpresa potrebbe ricevere oggi da Emmanuel Macron l’incarico di primo ministro.
Il suo nome ha preso a circolare ieri, in una giornata di consultazioni vorticose all’Eliseo, incentrata sui due ex presidenti Nicolas Sarkozy (gollista) e François Hollande (socialista), simbolici di un “campo largo repubblicano” aperto a contrastare sia l’estrema destra del Rassemblement National sia la sinistra antagonista di La France Insoumise.
Per la verità Macron ha ricevuto ieri – come annunciato – anche Bernard Cazeneuve: l’ex premier socialista resta fra le opzioni-Matignon, ma non è ancora chiaro se come “piano A” (ciò che accontenterebbe subito il Nouveau Front Populaire, vincitore del voto legislativo) oppure come “piano B”, se dovesse fallire l’ennesima scommessa di un presidente irriducibile nel cedere potere personale anche dopo una ripetuta sconfitta elettorale.
Nel frattempo l’ipotesi Beaudet appare ricca di suggestioni come di incognite. Il 62enne normanno (del Nord francese, come Macron) è giunto al vertice del Cese nel 2021, sul finire del primo mandato di “Roi Emmanuel”, e dopo una riforma della “terza camera” finalizzata al suo rilancio. Ma non è stato designato dall’Eliseo: è stato votato dai 175 consiglieri in quanto presidente della federazione nazionale del mutualismo. Ed è un settore in cui Beaudet, di formazione insegnante, si è fatto strada dal basso affermandosi come imprenditore-manager nel terzo settore della scuola, della sanità, dell’assistenza sociale e delle assicurazioni. Il polo VYV – da lui fondato nel 2017 – è una centrale di mutualismo forte di 11 milioni di associati, con 45mila collaboratori e 1.700 punti di erogazione di servizi in tutto l’Esagono.
È una figura super-classica della società civile: apparentemente distante dal banchiere-tecnocrate dell’Eliseo (il quale ha certamente valutato e poi scartato l’ipotesi di chiamare a Matignon un altrettanto classico “patron” dell’industria di Stato). A Beaudet non viene riconosciuta nessuna affiliazione politica (ma in fondo neppure Macron è nato da una famiglia politica tradizionale e nemmeno nell’impasse attuale conta su un vero partito suo). Il presidente del Cese ha invece dalla sua la più ampia trasversalità politica (dai gollisti ai socialisti) con un solo paletto: quello contro la destra lepenista (e implicitamente contro l’antagonismo di Mélenchon) soprattutto in quanto minaccia ai “corpi intermedi” della società francese.
La scommessa di Macron (forse neppure l’ultima) pare leggibile. Beaudet – tutt’altro che inesperto di dossier socioeconomici nazionali – verrebbe inviato dall’Eliseo a cercarsi una “maggioranza istituzionale” all’Assemblea Nazionale. In caso di successo il presidente “azzoppato” registrerebbe una sorta di “pareggio in trasferta”, finora non del tutto pronosticato. E vedrebbe salvate nella sostanza le sue prerogative strategiche in politica estera, anzitutto ai tavoli Ue.
Naturalmente tutto dipenderà dalla struttura (più o meno tecnico-civile) e dall’agenda di governo che Macron e il “suo” premier saprebbero articolare. Per certi versi Beaudet potrebbe perfino funzionare da scudo per il presidente in una fase di scelte finanziarie difficili. Un volto della “economia sociale di mercato” sarebbe di per sé meno spigoloso di quello del’enfant prodige Gabriel Attal, verso le imprese ma anche verso i sindacati; verso le famiglie colpite dall’inflazione ma anche verso un fronte verde che resta esteso (Beaudet è fra l’altro chiaro sostenitore dei diritti civili LGBTQR+).
Resta però un nodo strettamente politico. Il “cordone sanitario” che ha contenuto l’avanzata del RN ha funzionato solo con la formazione di un contenitore elettorale unico fra sette sigle della sinistra. Il NFP, a oggi, resta unito e ha voluto capitalizzare il suo ruolo di prima forza parlamentare candidando a Matignon Lucie Castets, economista-tecnocrate di 37 anni. la portavoce di NFP rimane lei (non a caso rifiutata ufficialmente da Macron), con una sola pregiudiziale: il cambio di rotta rispetto al “macronismo”.
Beaudet sembra ora nascere come candidato premier “macroniano”, di un governo “di salute pubblica”: di fatto estremo tentativo di Macron di mantenere il potere contro gli esiti della democrazia elettorale. Può darsi che la sinistra storica (i socialisti di Hollande e Cazeneuve) vi veda qualche opportunità. Difficile, invece, che La France Insoumise possa accettare una “ammucchiata istituzionale” pilotata da Macron. Il quale – certamente – potrebbe sbandierare qualche brandello di vittoria se riuscisse a spaccare l’NFP dopo soli cento giorni. Anche se ciò avverrebbe a prezzo di concessioni pesanti nella ripartizione dei ministeri e dei budget; il che potrebbe risultare indigesto per i gollisti e per lo stesso – frammentatissimo – “campo Macron”, già decimato all’Assemblea dal voto anticipato.
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