Ho sempre pensato che una destra politica seria debba avere anche profonde caratteristiche sociali, ovvero che debba saper rappresentare prima le necessità e gli interessi delle categorie rispetto a quelli delle grandi aziende, soprattutto se finanziarie.
Credo che il governo Meloni stia ottenendo risultati significativi anche in campo economico (ricordiamoci che un anno fa l’Italia post-Draghi veniva data come spacciata) ma che non tenga abbastanza il punto puntando i piedi nei confronti di quelle grandi imprese che, di fatto, monopolizzando il mondo bancario, finanziario o industriale, impongono prezzi e tariffe molto remunerative (per loro) e spesso non altrettanto per gli utenti.
Milioni di famiglie affrontano con preoccupazione i rincari tariffari e i prezzi dei carburanti, dei trasporti come dei beni di prima necessità. Eppure balzano all’occhio dei dati che non vanno ignorati, sui quali, anzi, si dovrebbe aprire un vivace dibattito politico.
È tempo di “semestrali” e leggere per esempio che Intesa San Paolo dichiari un utile di periodo di 4,2 miliardi e pensare che con il rincaro dei tassi un imprenditore o una famiglia paghi ben oltre il 5% su un mutuo pur agevolato, mentre la banca praticamente non riconosce nulla a chi deposita, non mi sembra gusto. Colpisce in merito non solo il silenzio del governo ma anche quello delle varie (inutili) “Autorità”, quelle che mi sembrano più una sinecura per i pochi che lì hanno piazzato il loro nido rispetto all’essere un vero servizio di garanzia pubblica.
Quanti italiani sanno che la Banca d’Italia ha come azionista di riferimento proprio Intesa San Paolo? Ma il pubblico immagina quante connessioni ne discendano a livello europeo e nazionale?
Spiegavo proprio ieri ad un mio anziano cliente che prendere a prestito dei soldi “facili” (così come proposto dalla pubblicità) usando il fido della carta di credito è una vera e propria sciagura visto che si è superato il 24% di interessi passivi l’anno. Impossibile? Verificatelo voi stessi leggendo quanto appare sul vostro ultimo estratto conto, sia pure scritto in micro-caratteri a piè di pagina.
D’altronde prima l’Europa ha ripulito il mercato bancario di potenziali concorrenti e così poi pochi istituti hanno di fatto monopolizzano il mercato. Lo stesso è avvenuto di fatto nel campo dell’energia, a dispetto della fiumana di telefonate irritanti di venditori di “occasioni” che giungono ad ogni ora del giorno.
Salgono i prezzi energetici? Intanto prendiamo atto che Eni ha dichiarato 4,64 miliardi di utile nel solo primo trimestre di quest’anno e lo stesso vale anche per Enel che con ogni bolletta impone anche alla più povera famiglia italiana il 10% in più di costo “per la posa e il controllo del contatore” e poi dichiara 1,44 miliardi di utile solo nella prima parte dell’anno. Bene per l’azienda e i suoi azionisti, ma al consumatore chi pensa?
Quanti riflettono che l’aumento vertiginoso dei costi dell’energia ha distrutto molti bilanci familiari, polverizzato le pensioni di milioni di anziani mentre le grandi aziende para-pubbliche del settore hanno evidentemente approfittato della crisi?
Banche e aziende energetiche sono settori nei quali in pratica il cittadino non può fare null’altro che subire, mettendo in evidenza la distorsione di un sistema che pensavo (e speravo) che il governo di destra-centro sapesse affrontare con maggiore fermezza, ponendosi anche come interlocutore piuttosto rigido in una trattativa sui prezzi al consumo, ma non colgo questi aspetti e la ritengo un’occasione fallita.
Ovviamente tutto questo si moltiplica passando dall’Italia al livello globale, dove le grandi società finanziarie determinano la vita del mondo nel silenzio o nella rassegnazione generale.
Tutti i tentativi di tassare i vorticosi movimenti finanziari cadono nel vuoto, di fatto si vive di finanza e di speculazione e i valori di borsa spesso hanno poco a che vedere con l’effettiva produttività e serietà di un’impresa, così come è oggi la Bce a fissare l’agenda politica in Europa, non certo l’Europarlamento.
Osservando gli spot di persone felici ed idilliaci quadretti familiari che gioiscono alla visione del nuovo investimento o del saldo del loro conto corrente (a me non capita, chissà perché) restano i fatti, quelli che ci confermano come l’economia e la finanza siano spesso in una bolla auto-referenziale, ma da dove miliardi di persone sono escluse, mentre tutto è un Monopoli per pochi.
Intendiamoci, lo è da sempre e lo è sempre stato, ma da chi ha preso in mano le redini annunciando cambiamenti speravo in una sterzata più decisa su questo piano, anche perché prima della Meloni c’era Draghi ovvero – per definizione – il più fedele guardiano degli interessi finanziari, come dimostrato nella sua lunga carriera.
Forse la Meloni non può permettersi di uscire dal seminato, e se criticasse o proponesse qualcosa di più significativo sul fronte dei prezzi verrebbe “massacrata” dai media che – a loro volta – quasi sempre sono espressione della grande finanza.
Probabilmente sì, ma comunque non potrà tacere per sempre e credo occorrano anche prese di posizioni più volitive ed incisive.
Insomma servirebbe un po’ più di coraggio, anche solo per andare controcorrente.
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