Nel suo consueto “Sguardo Selvatico” della domenica su La Verità, lo scrittore e psicoanalista Claudio Risé rivolge l’attenzione sul tema sempre poco discusso in questi mesi di pandemia dei morti per Covid. Attenzione, non nel senso dei numeri e dei modelli che più o meno limitano il dramma del decesso post-coronavirus: «I morti per Covid stanno diventando ingombranti per chi cerca di muoversi. Ciò ha una precisa spiegazione psicologica, e nei fatti. È infatti quasi totalmente mancata ciò che la psicologia chiama “l’elaborazione del lutto” da parte di chi rimane in vita». Secondo Risé i quasi 60mila morti ufficiali di Covid-19 vengono ormai ridotti a mero “numero” per disquisizioni politiche e sanitarie, ma non riescono a valere come allarmante disamina su come si dia sempre meno importanza al fatto intrinseco della morte in sé: tocca ai governanti, ai leader, l’elaborazione nazionale del lutto per poter proseguire una “normale” vita sociale. Invece in Italia il Governo Conte, denuncia lo psicoanalista, «i morti sono stati invece utilizzati per controllare i vi- vi: ci hanno spiegato che dovevamo smettere di lavorare, non andare più a messa, non cantare, interrompere ogni attività per rispetto verso di loro, i morti per il Covid». Ecco, in questo non vi sarebbe alcuna ”pietas” o elaborazione del lutto nazionale: «C’è solo il tentativo di fermare la vita, la moltiplicazione della paura e l’invito alla passività».



RISÈ PUNZECCHIA IL GOVERNO SUL TEMA DELLE VITTIME COVID

Il fermare la vita per chi vive e il “dimenticare” rapidamente chi è morto: questo duplice, fallace, atteggiamento viene descritto da Claudio Risé come una responsabilità gravissima di chi sta governando questa difficile fase di pandemia globale: «Non si trattava certo di andare ai funerali e stringere al mano alle vedove e ai figli, con riprese tv. Onorare i morti non consiste poi, di sicuro, neppure nel farli contare osssessivamente in video da parte di burocrati trasformati in star mediatiche», scrive ancora l’esperto nella sua costante “punzecchiatura” al Governo sul profilo psicologico e comportamentale. «Elaborazione del lutto vuol dire partecipare profondamente e con serietà a una fase drammatica per le persone e la collettività, e trasformarla in comportamenti e attività con nuove direzioni e forme di vita, più sane e forti», scrive ancora Risé lanciando l’appello alla politica. Basta ‘Stati Generali e “Grande Fratello” delle conferenze stampa, bensì occorre fare seria politica: «I morti per cause collettive costituiscono il cemento delle nazioni. Non a caso le vittime della prima guerra mondiale sono considerati la vera fondazione dell’ancora giovane nazione italiana. Essi vengono invece dimenticati o (peggio ancora) strumentalizzati, nei Paesi che rinnegano la loro storia e anima, e anche per questo affondano», conclude Risé su La Verità.

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