Ogni crisi può diventare un’opportunità, anche quella del Mar Rosso. Lo sottolinea Antonio Gozzi, presidente della Duferco e di Federacciai, secondo cui va usata per riportare le aziende in Europa. «Noi europei non siamo più i primi del mondo, non possiamo dettare le regole a nessuno. Inoltre, il nostro è un mercato di vecchi e non è neppure il più ricco», spiega l’imprenditore nell’intervista a QN. Dunque, serve un cambio culturale per affrontare il nuovo quadro economico e geopolitico. «La crisi del Mar Rosso sta creando una pericolosa strozzatura». Ma gli interventi che servono non riguardano solo la difesa delle navi: dunque, bisogna «provare a trasformare questa crisi, che si innesta su criticità strutturali, in una possibilità di prospettive positive per tutto il Mediterraneo. Il punto ora sono gli attacchi alle navi in transito ma il problema è più generale».



Basti pensare al costo del trasporto delle merci dall’Asia all’Europa e al vantaggio risparmiando 15 giorni di navigazione. «Molti Paesi potrebbero trasferire le loro attività in Tunisia, in Spagna, in Italia. L’instabilità che si è creata nell’area potrebbe accelerare questo processo. È una grande occasione per il Mediterraneo ma serve intercettare queste istanze e attivare politiche di attrattività. Favorire un grande reshoring mediterraneo», aggiunge Gozzi. L’Italia da questo punto di vista ha un ruolo decisivo per il presidente di Federacciai: «Il piano Mattei già varato. Il governo Meloni dovrebbe considerare questo elemento e includerlo nelle strategie avviate».



“EUROPA PROMUOVE MISURE BASATE SU POSIZIONI IDEOLOGICHE”

Antonio Gozzi riconosce il tentativo del governo Meloni di varare politiche industriali, così come l’impegno del ministero delle Imprese sulla manifattura. Inoltre, si dice d’accordo col ministro Adolfo Urso, secondo cui serve una politica per fattori sull’elettrosiderurgia. La siderurgia, del resto, è un tema critico, visti i punti di crisi a Taranto e Piombino. «Non dobbiamo lasciare spazio a scorribande straniere, magari favorite da aiuti di Stato. Bisogna tenere conto della presenza di una siderurgia italiana e dei possibili conflitti d’interesse». Per quanto riguarda la transizione ecologica, il presidente di Federacciai a QN segnala che «gli impianti siderurgici italiani sono campioni di decarbonizzazione. In Europa il 60% degli stabilimenti va a carbone e il 40 con forni elettrici: l’opposto che da noi». Inoltre, si sta investendo sulle rinnovabili. «L’Europa sugli altiforni sta sbagliando. Togliere competitività alla siderurgia significa assestare un duro colpo all’automotive».



Gozzi non è tenero con l’Ue, infatti evidenzia che «sta promuovendo misure basate su posizioni ideologiche che rischiano di distruggere la manifattura nel giro di 10 anni». L’Europa sbaglia nel non capire il valore economico e di inclusione sociale che il sistema industriale garantisce. «Politiche come quelle sul packaging o la ceramica non minacciano soltanto le singole imprese, ma tutte le filiere che stanno sotto. Io a Bruxelles sono stato a lungo e ho percepito un atteggiamento di fastidio rispetto al manifatturiero». Il problema per l’imprenditore è rappresentato dalla combinazione di tre fattori: dall’estremismo ambientalista che è anticapitalista all’iperliberismo mercatistica e globalista, fino alla finanza che ha fatto anche del green un business. «Avanti così e sarà un suicidio perfetto. (..) Basterebbe un’analisi su costi e benefici che mostrasse all’opinione pubblica cosa succederà se le misure attualmente previste non verranno cambiate».