È un appello accorato che non lascia spazi a interpretazioni o fraintendimenti quello che i 28 consiglieri della cooperativa Granlatte e di Granarolo S.p.A hanno indirizzato ai rappresentanti dell’agroalimentare italiano in una lettera aperta che racconta lo stato di estrema difficoltà in cui versa il settore. E che la questione sia davvero calda è confermato dalla lunga lista dei mittenti della missiva, tra i quali compaiono Confagricoltura, Coldiretti, Cia, Fedagri, Legacoop Agroalimentare, Agci-Agrital, Assolatte e Federalimentare.
Il punto di partenza è “il bisogno di sollecitare le organizzazioni della rappresentanza agricola, della trasformazione e della cooperazione a una presa di posizione a sostegno dell’intera filiera lattiero-casearia italiana”. E questo perché la situazione contingente in cui si trova a operare quest’ultima si è fatta parecchio problematica. “Per la nostra natura di filiera – si legge nella lettera -, subiamo ogni giorno l’impatto dell’inflazione in ogni snodo del processo produttivo, sul campo, alla stalla, negli stabilimenti, allo scaffale. Questa volta però è allarme rosso davvero per la tenuta del sistema, come non è mai stato in passato”. In sintesi, dice la lettera, “se continua così agli allevatori non basteranno i 41 centesimi al litro e chi trasforma avrà la necessità di scaricare parte dell’inflazione sui listini per non chiudere”.
A fare suonare il campanello d’allarme è un coacervo di fattori concomitanti: “Non aumentano i consumi interni – dice sempre la lettera -, dipendiamo dalle importazioni per l’alimentazione degli animali e per l’energia. E i costi per le lavorazioni e le semine per l’autoproduzione dei foraggi stanno crescendo a dismisura”. Senza contare che gli allevatori si trovano spesso a pagare gli interessi bancari legati agli ingenti investimenti sostenuti in passato, grazie ai quali si è potuta incrementare la produzione. Un combinato disposto – è la tesi del documento – che rischia di essere esplosivo se non si interverrà cercando di ridurre le sperequazioni che pesano lungo gli anelli della filiera. Fatta eccezione per le DOP, le cui compravendite si riferiscono ai bollettini delle principali borse merci in maniera trasparente – si osserva sempre nella lettera -, “i contratti sono infatti la conseguenza dei rapporti di forza tra chi produce, chi trasforma e chi distribuisce, e non è un segreto che, in assenza di un’interprofessione, sono gli allevatori l’anello debole della catena”.
È quindi necessario modificare la rotta. “È sbagliato – dice la lettera – concentrare l’attenzione solamente sul consumatore finale. Noi chiediamo che chi produce sia salvaguardato non di più, ma quantomeno alla stregua di chi compra, distribuisce e consuma. È necessario riconoscere il giusto prezzo per un cibo di qualità e sostenibile, in primo luogo proprio da parte di chi lo compra, lo distribuisce e lo consuma”. Ed è necessario farlo presto, dice sempre la missiva, perché “non esiste nessuna possibilità di superare indenni l’attuale onda inflattiva nel breve periodo e nessuno può pensare di scaricarla interamente a monte o a valle”.
Finora, però, gli interventi messi in campo non sono parsi adeguati ad affrontare un quadro tanto complesso. “A fronte della velocità impressa dalla valanga dei costi – sostiene la lettera -, il protocollo che vede impegnate le organizzazioni della rappresentanza, sotto la regia del Ministero, si sta rivelando non sufficiente, utile quando è stato pensato, ma ormai superato”. E altrettanto rischia di essere il tavolo permanente che vede partecipi tutti gli attori, il modo agricolo, la trasformazione, la cooperazione e la distribuzione. “Il Governo – accusa il documento – si limita ad apparecchiare la tavola, ma non ha messo ancora nulla sul tavolo. Adesso invece che finalmente un tavolo esiste, andrebbe usato per fare qualcosa di concreto e soprattutto per farlo in fretta, andando oltre i contenuti dell’attuale protocollo, per dare una risposta prima che il sistema imploda su se stesso. Lo scenario del prossimo futuro conferma infatti inflazione, probabile aumento dei tassi d’interesse, calo dei consumi nazionali, ulteriore aumento della produzione lattiera e una riforma della PAC che colpirà negativamente gli allevatori”.
Intanto, però, un ruolo potrebbe, in particolare, essere giocato dai retailer. “La grande distribuzione – suggerisce la lettera -, alla stregua di quanto è stato fatto per fronteggiare il caporalato nel pomodoro, non dovrebbe trattare con chi non ha ancora adeguato le liquidazioni o gli accordi con gli allevatori. E invece se ne avvale per politiche promozionali al limite delle pratiche sleali, con prezzi alla vendita che non coprono i costi di produzione”.
Ma soprattutto è necessario fare squadra all’interno del mondo alimentare. “Mai come oggi – conclude la missiva – è importante che il mondo della rappresentanza si schieri dalla parte degli agricoltori e dell’industria virtuosa con la necessaria determinazione, facendo leva sulle istituzioni e promuovendo una giusta informazione. Sappiamo di trovare in tutte le organizzazioni in indirizzo interlocutori responsabili e attenti a questo appello e siamo fin d’ora disponibili, come Gruppo e come singoli allevatori a condividere le iniziative che si riterranno utili a porre nella giusta evidenza il rischio di sacrificare alla demagogia un comparto fondamentale per il nostro Paese”.
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