Oggi ricorre il 60esimo anniversario della fine del Grande Balzo in Avanti, la riforma socio-economica voluta da Mao Zedong e che avrebbe dovuto portare la Cina comunista nel tavolo delle grandi potenze mondiali. Il risultato fu disastroso e i 3 anni di durata del piano maoista (dal 1959 al 1961) sono passati alla storia come la grande carestia cinese, mai formalmente riconosciuta dal governo cinese che negli anni successivi parlò sempre di “tre anni di disastri naturali”.
Per comprendere cosa sia stato il Grande Balzo in Avanti occorre, però, fare un piccolo passo indietro al contesto socio-economico in cui versava la Cina degli anni ’50. Mao Zedong prese il potere in Cina nel ’49, quando nacque ufficialmente la Repubblica Popolare cinese, che era ancora in larghissima parte rurale ed agricola, con i ricchi proprietari terrieri da un lato, e i poveri contadini dall’altro. Occorreva rimanere al passo con i tempi e in quegli anni l’esempio della Russia stalinista fu visto di buonissimo occhio dal leader cinese. Dopo i primi anni al potere, caratterizzati dalla statalizzazione dei campi, al fine di sovvenzionare lo sviluppo industriale, nel 1957 Mao si rese conto che era necessario fare di più, ovvero un Grande Balzo in Avanti.
Il Grande Balzo in Avanti: un disastro da 40 milioni di vittime
Concretamente il Grande Balzo in Avanti altro non fu che un piano di sviluppo socio-economico dalla durata di 15 anni che avrebbe permesso, nell’ottica di Mao Zedong, di portare la Cina rurale al passo con i tempi mondiali. Moltissimi contadini furono costretti a lasciare i campi, dedicandosi soprattutto all’industria, mentre la produzione agricola fu collettivizzata in piccoli Comuni, tecnicamente autosufficienti e che avrebbero prodotto per l’intera comunità, secondo il principio della redistribuzione delle ricchezze caro al Comunismo.
Tutto questo sarebbe anche, in qualche modo, potuto funzionare, e il Grande Balzo in Avanti si sarebbe potuto dimostrare un successo, per quanto assurde fossero le richieste di Mao Zedong. Il reale problema fu che in quegli stessi anni iniziarono a diffondersi le idee dell’agronomo russo Trofin Lysenko, pseudo scienziato che applicò i dettami del socialismo alla coltivazione, al fine di incentivarla, ottenendo anche parecchi elogi da parte di Stalin.
Le idee di Lysenko in agricoltura
Con il Grande Balzo in Avanti di mao Zedong furono applicate tutta una nuova serie di idee, propinate da Lysenko, e che nel corso degli anni avrebbero trovato importanti smentite a livello scientifico ed accademico. Tra queste spiccava il dettame di piantare i semi, anche di specie differenti, vicini gli uni agli altri perché così grazie alla lotta di classe sarebbero cresciuti più rigogliosi. Similmente, questi dovevano essere piantati a grandi profondità nel terreno, dove il terreno era più fertile rispetto alla superficie. Furono anche ampiamente impiegati i terreni congelati, che avrebbero permesso secondo l’agronomo di farle crescere meglio grazie alle avversità.
Dal Balzo alla Grande Carestia
Le idee di Lysenko portarono, insomma, il Grande Balzo in Avanti a rivelarsi un sonoro fallimento per il governo di Mao Zedong, che in appena 3 anni perse completamente la fiducia del Partito, costringendolo ad un ampio e diffuso cambiamento. La produzione peggiorò drasticamente e a pagarne il conto furono la marea di contadini impiegati nei campi collettivi, ma anche numerosi ex contadini, improvvisati industriali. Il poco cibo prodotto era trattenuto dallo stato e in brevissimo si diffuse una complessa carestia, la più grande mai registrata in Cina, nonché la “responsabili” della maggior parte delle vittime del comunismo cinese. Il conteggio parla di una cifra oltre i 40 milioni di vittime, ma i resoconti ufficiali rimangono piuttosto dubbi e fumosi e ci sarebbe da considerare anche il grave calo delle natalità (dovuto sia alla fame, che agli orari di lavoro massacranti).