Il tema del grano continua a tenere banco nell’attualità del mondo agroalimentare europeo ed italiano. A mantenere alta l’attenzione ci sono tre temi.
Il primo riguarda il costo dei prodotti derivati, al centro di rincari sugli scaffali dei supermercati, che non sono però in linea con l’andamento delle quotazioni del grano duro. Emblematico è il caso della pasta che a marzo ha fatto registrare un aumento del 17,5% rispetto all’anno precedente in un contesto caratterizzato dalla riduzione del prezzo della materia prima e dalle dinamiche variabili dei costi dell’energia e degli altri fattori di produzione. Un fenomeno che, in prima battuta, chiama in causa gli industriali del settore. I quali però si difendono: “Si sono letti tanti numeri, alcuni anche sbagliati – si legge in una nota di Unione Italiana Food, l’Associazione che riunisce oltre 20 categorie merceologiche, inclusa la pasta -: resta il fatto che noi pastai possiamo solo ribadire che il prezzo della pasta alla produzione è aumentato del +8,4% (Fonte: dati Istat, marzo 2023 su marzo 2022), in linea con l’aumento dell’indice d’inflazione medio dei beni al consumo. Se l’aumento del prezzo al consumo è stato poi superiore è frutto di dinamiche esterne al mondo della produzione”.
In buona sostanza, l’industria ributta la palla in un altro campo. Così come fa anche il settore primario, quello agricolo che, nelle parole di Coldiretti, rivendica di avere attivato un sistema di controllo sulle filiere legata all’andamento dei prezzi. “Gli accordi di filiera sono gli unici che possono garantire produttori, industria di trasformazione e distribuzione, ma soprattutto un prezzo trasparente nei confronti dei consumatori” ha detto il presidente dell’associazione, Ettore Prandini, alla conclusione della riunione della Commissione di allerta rapida sul caro pasta convocata nei giorni scorsi dal ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso. In buona sostanza, viene rimandata al mittente l’accusa di speculazione.
Vero è però che il problema rimane, come del resto testimonia proprio l’attivazione di un Commissione dedicata alla questione a palazzo Chigi. La via di uscita potrebbe tuttavia esserci, almeno stando a Coldiretti che invoca la ripartenza della commissione unica nazionale (Cun) per il prezzo indicativo in Italia del grano duro. Una prospettiva che piace anche al ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida.
Il secondo fatto che accende i riflettori sul grano rimanda alle importazioni dall’Ucraina. Tredici Paesi membri dell’Ue (Francia, Austria, Belgio, Croazia, Danimarca, Estonia, Germania, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Slovenia e Spagna) hanno indirizzato alla Commissione europea una lettera in merito alle recenti proposte avanzate per risolvere la questione dell’import dei prodotti agricoli provenienti da Kiev. Bruxelles ha infatti concesso all’Ucraina un abbattimento delle barriere tariffarie permettendo una crescita delle importazioni di grano. Una misura che non è piaciuta ai Paesi limitrofi come Polonia, Slovacchia o Ungheria, che hanno reagito bloccando sia le importazioni, sia il semplice transito di grano ucraino. Un veto poi rimosso in cambio di alcuni sostegni (100 milioni di euro) e regole speciali concesse dall’Ue. Concessioni che però hanno incontrato l’opposizione dei firmatari della lettera, che le considerano penalizzanti nei confronti dei produttori nazionali. “Le misure adottate il 2 maggio dalla Commissione senza consultare gli Stati membri – si legge nella missiva -, legate alla limitazione selettiva delle importazioni dall’Ucraina, sollevano serie preoccupazioni perché comportano un trattamento differenziato nel mercato interno. Siamo favorevoli a trovare soluzioni europee che tengano conto delle difficoltà incontrate da alcuni Stati membri. Tuttavia, l’integrità del mercato interno non può essere una variabile di aggiustamento”.
Una bella gatta da pelare per la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che ha ribadito come Bruxelles sia al lavoro per dirimere la imbrogliata matassa: “La questione del grano è una sfida – ha detto la von der Leyen -, abbiamo bisogno di soluzioni. La priorità immediata è che il transito del grano proceda al minore costo possibile dall’Ucraina all’Ue. Questo richiede una stretta cooperazione tra i membri Ue. Costituiremo quindi una piattaforma di coordinamento per rendere i corridoi di solidarietà perfettamente funzionanti”.
Infine, c’è da considerare il terzo fronte aperto, quello che riguarda l’accordo tra Russia e Ucraina sul transito commerciale delle navi nel Mar Nero, da cui passa la gran parte dell’export del cereale coltivato da Kiev. L’accordo, che era giunto in scadenza il 18 maggio, è stato rinnovato, sotto la regia di Ankara, ma solo per altri due mesi. Un respiro corto, che lascia ben comprendere come la questione sia delicata. E soprattutto possa diventare ancora più complessa alla luce delle elezioni in Turchia, Paese che svolge un importante ruolo di mediatore tra le parti. Il vincitore sarà designato solo a fine mese e nel caso a prevalere fosse lo sfidante Kiliçdaroglu, i rapporti con Mosca potrebbero non seguire la stessa logica di “buona vicinanza” che ha guidato Erdogan e Putin.
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