Una delle conseguenze più rilevanti dell’attuale guerra è quella relativa all’impennata dei prezzi del grano e alle implicazioni su medio-lungo termine che questa avrà sulle economie dell’Africa. Quando a metà marzo Mosca annunciò restrizioni delle vendite di grano destinate ai suoi partner dell’Unione economica euroasiatica, queste restrizioni determinarono un vero e proprio senso di panico, poiché vendere meno grano all’Armenia, alla Bielorussia, al Kazakistan e al Kirghizistan significava non solo creare le premesse per una crisi economica, ma soprattutto che la Russia si stava preparando a mettere da parte le scorte strategiche necessarie per affrontare una guerra di lunga durata.
È necessario sottolineare che la Russia e l’Ucraina non sono soltanto grandi esportatori: hanno la capacità di incrementare in modo rapido la propria produzione per compensare eventuali carenze. Alcuni dati possono chiarire rapidamente il quadro economico.
Quando si dice che l’Ucraina è il “granaio d’Europa” si intende dire che l’Ucraina produce 41 milioni di ettari di superficie agricola utile al grano e vende attualmente il 74% della propria produzione di grano, per esempio verso il Maghreb e il Vicino oriente. Per quanto riguarda la Russia, dopo le sanzioni del 2014, Mosca ha incrementato la propria produzione aumentando i raccolti, così da non dover più acquistare il grano dall’Europa e degli Stati Uniti.
La rilevanza della produzione dell’esportazione di grano da parte della Russia e dell’Ucraina è stata sottolineata il 14 marzo dal segretario generale dell’Onu, il quale, facendo riferimento al Sudan e allo Yemen, ha sostenuto che la prosecuzione della guerra in Ucraina potrebbe determinare un collasso del sistema alimentare globale. Il conflitto infatti potrebbe rischiare di trascinare fino a 1,7 miliardi di persone nella più assoluta povertà e nella miseria.
Sotto il profilo geografico le implicazioni economiche della guerra coinvolgerebbero bene 45 Paesi africani, 18 dei quali dipendono per più del 50% dall’Ucraina o dalla Russia per le loro importazioni di grano (pensiamo che Eritrea, Mauritania, Somalia e Tanzania dipendono addirittura per il 100%). Inoltre non dimentichiamoci che dalla Russia e dall’Ucraina proviene circa il 30% del grano consumato nell’Africa sub-sahariana. Interessante il caso dell’Egitto, il quale per le sue importazioni di grano dipende per il 61% dalla Russia e per il 23% dall’Ucraina.
Il secondo aspetto che vorremmo sottolineare è la postura di cautela e di prudenza da parte di molti paesi del Medio oriente nei confronti della crisi ucraina. Ad esempio il regime saudita non intende arruolarsi nell’attuale campagna contro la Russia e ha sottolineato invece la necessità di negoziati tra le parti. D’altronde non dimentichiamoci che proprio il regime saudita con l’Opec+ ha aperto a Mosca i negoziati sul livello di produzione del petrolio, e questa apertura si è concretizzata in un reciproco e proficuo coordinamento tra le due nazioni al punto che il regime saudita ha definito questa partnership strategica. Dunque non deve destare alcuna sorpresa il fatto che nel mese di agosto 2021 il viceministro saudita della Difesa fosse presente al forum degli armamenti di Mosca e abbia firmato un accordo di cooperazione militare. La Russia è insomma diventata un interlocutore imprescindibile per i sauditi.
Ma anche l’Egitto – che certo non può considerarsi un paese ostile agli Stati Uniti – ha sottolineato la sua lontananza dalle scelte fatte anche dagli Usa. Citando il periodico egiziano Al Ahram, il periodico Le Monde Diplomatique sottolinea come gli Stati Uniti cerchino di ridisegnare l’ordine mondiale dopo essersi resi conto che, nella forma attuale, non serve al loro interesse, ma rafforza piuttosto la Cina a loro spese.
Insomma, secondo l’editorialista del periodico egiziano, gli Stati Uniti sarebbero terrorizzati dall’imminente fine del loro dominio sul mondo e sono consapevoli che l’attuale conflitto in Ucraina sia l’ultima possibilità per loro di preservare questa posizione. In altri termini in gran parte del Medio oriente è diffusa questa convinzione: gli Stati Uniti non hanno forse bombardato la Serbia e la Libia, non hanno invaso l’Afghanistan e l’Iraq? E allora sono forse più qualificati per invocare il rispetto del diritto internazionale? Non hanno anche loro utilizzato le bombe a grappolo e al fosforo o addirittura munizioni all’uranio impoverito? I crimini commessi dall’esercito americano in Afghanistan e Iraq non sono forse stati ampiamente documentati?
Washington invoca la condanna davanti alla Corte penale internazionale da parte di Putin per crimini contro l’umanità. Ma non è questo un’affermazione paradossale, visto che Washington non ha mai ratificato lo statuto di questa corte? Come sorprendersi allora se il ministro degli Esteri degli Emirati Arabi Uniti il 28 febbraio ha incontrato il suo omologo a Mosca? Come sorprendersi allora se l’Egitto non ha condannato l’invasione russa nonostante le pressioni degli ambasciatori del G7 al Cairo? Come sorprendersi allora se il Marocco, durante il voto del 2 marzo sull’Ucraina, non ha partecipato?
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