Alla fine Gratteri arriva. La carriera del calabrese più odiato dalle cosche si chiuderà a Napoli con l’incarico di procuratore generale. Finirà qui il suo percorso. Come tutti gli uomini che non vogliono passare inosservati, sa bene che decenni di carriera si riassumeranno in quello che farà nei prossimi pochi anni. E visti i sacrifici fatti e le ambizioni, personali e istituzionali, la cosa prende un sapore da sfida definitiva. Tra lui ed il suo destino.
L’uomo senza mediazioni, duro e irremovibile vivrà nella città più magmatica e melliflua del Meridione. Fatta di intrecci, di rapporti e di conveniente coabitazione tra mondi e tradizioni che sperano di non incrociarsi e che spesso coabitano come organismi simbiotici.
Da un lato il mondo “legale”, dall’altro quello informale, fatto di camorra e di violenza ma anche di abitudini e lassismi. Un equilibrio fragile ma che quando si spezza, come nel caso della morte del giovane Cutolo ammazzato da un 16enne per motivi inesistenti, provoca un terremoto sociale profondo.
La coincidenza è proprio questa. Nelle giornate in cui appare più evidente che la deriva di illegalità ha travolto molti giovanissimi napoletani convinti che la loro vita sia, o debba essere, quella di un personaggio minore di Gomorra o di Mare Fuori, lo Stato nomina il suo più ferreo ed intransigente esponente a guidare gli inquisitori.
La partenza non sarà semplice. I metodi di lavoro di Gratteri sono duri, le formalità imposte a colleghi e collaboratori molto stringenti. La città istituzionale applaude, i legalitari anche, e sotto sotto sperano anche tanti avvocati, certi che se le cose vanno come devono avranno parecchio lavoro da fare grazie a Gratteri. Quello che va in crisi è il modello di gestione soft dell’ordine pubblico. Quel tacito accordo per cui si può fare quasi ogni cosa che non desti troppo allarme. Se Gratteri passasse un giorno solo a spasso per la città in incognito potrebbe riempire il suo registro delle notizie di reato per almeno qualche anno. E quindi, che farà? Sarà il censore morale e giuridico del costume millenario della città o darà la caccia ad armi e droga ed ai loro reati conseguenti ovvero riciclaggio e crimine organizzato?
La risposta è nel mezzo. Gratteri cercherà i gangli che, a sua opinione, legano i due mondi. Cercherà di spezzare il cordone che lega una pizzeria ad una piazza di spaccio, per dimostrare che anche le giacche e le cravatte nascondono spesso polvere bianca e soldi sporchi. Di certo, sarà il procuratore più alieno che si possa immaginare al sistema politico locale ed alle sue senilità. Molte delle istituzioni che saranno sotto il suo controllo vivono esse stesse nel grigiore di una sceneggiatura che assomiglia ai film di Zalone, con uffici aperti sulla carta e amici che entrano ed escono senza chiedere il permesso. Tutta roba ereditata da decenni di un lasciar fare che la politica ha coltivato per creare un consenso fatto di ammiccamenti e giustificazioni all’inefficienza. E questa massa di micro illeciti si assomma alle abitudini e tradizioni, dal parcheggiatore abusivo illegale ai venditori ambulanti senza licenza, che costruiscono un organismo unico che al suo interno ha un equilibrio che non risponde alle regole formali “della legge”.
Rompere tutto, indagare, rimestare, mettere in discussione tutto ciò che bianco non è, rischia di portare al paradosso che tutti si sentano in qualche in modo sotto inchiesta e che Gratteri diventi più simile, nella percezione comune, ad un inquisitore spagnolo alla ricerca di infedeli. Solo che, lo dice la storia, l’unico posto dell’Europa cattolica che non accettò la presenza di inquisitori spagnoli, quando gli Spagnoli dominavano il mondo, è proprio Napoli. Fu proprio la capitale partenopea che impose, ed inventò l’Inquisizione napoletana. Più blanda e comprensiva, meno diretta e severa.
È questo contro cui combatte Gratteri, non contro il crimine, ma contro una cultura ed un equilibrio. O si adeguerà, perdendosi, o lo scontro sarà feroce. Nel frattempo, se passate da Napoli, è bene tenere sotto mano il numero di un avvocato bravo, così, non si sa mai.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.