Per le mamme in attesa affette da Coronavirus il parto naturale è la scelta migliore, mentre obesità e condizioni socio-economiche sembrano essere due elementi con un ruolo importante nello sviluppo del Coronavirus nelle donne in gravidanza. Lo scrive Sanità Informazione in base a uno studio realizzato dal Policlinico di Milano su 42 donne che hanno partorito tra il 1° e il 20 marzo in sei punti nascita individuati da Regione Lombardia come hub maternità: oltre alla clinica Mangiagalli anche il Fatebenefratelli Sacco a Milano, poi il Papa Giovanni XXIII di Bergamo, il San Gerardo di Monza, gli spedali civili di Brescia e il san Matteo di Pavia. Firmatario dello studio è il professor Enrico Ferrazzi, Direttore dell’Unità di Ostetricia del Policlinico di Milano.



I dati lombardi per quanto riguarda le modalità del parto sono stati confermati da una casistica simile spagnola a Madrid, su 150 madri affette da Coronavirus che hanno partorito naturalmente e senza significative infezioni del neonato.

Ferrazzi, si legge su Sanità Informazione, ha aggiunto: “A breve uscirà anche sul registro inglese uno studio su quasi 630 casi dove il parto vaginale è stato predominante, intorno al 60-65%. Quindi se inizialmente in Inghilterra si pensava che la soluzione migliore per mamme positive fosse il parto cesareo, si è capito invece che è meglio il parto naturale dal momento che l’infezione vaginale non passa attraverso la placenta e neppure dalla mamma al bambino al momento della nascita”.



GRAVIDANZA E CORONAVIRUS: RACCOMANDATI PARTO NATURALE E ALLATTAMENTO AL SENO

Come si accennava, un altro aspetto importante è che in tutte le casistiche si è osservato poi che sembra esserci una correlazione tra l’obesità e l’infezione da Coronavirus nelle mamme in gravidanza. Infatti, spiega sempre Ferrazzi, “questo è un virus che determina una cascata infiammatoria importante, quindi la gravità della malattia è proprio dovuta a una iper-reazione del sistema immunitario. La placenta nelle ultime settimane di gravidanza diventa un organo pro-infiammatorio, ed è quello che porta al parto, che per certi versi è un rigetto”.



Lo studio ha stabilito che l’infezione, anche se grave, non sembra in grado di attraversare la placenta e quindi di trasmettersi al bambino né durante la gravidanza né durante il parto. Ultimo aspetto considerato è quello dell’allattamento: “Oltre al parto naturale abbiamo cercato di mantenere mamma e neonato vicini e di stimolare l’allattamento al seno. Abbiamo differenziato le donne con scarsi sintomi, magari anche solo positive al virus, ma senza la polmonite interstiziale, ed abbiamo previsto l’allattamento al seno perché la mamma in questo modo trasferisce gli anticorpi al bambino ed abbiamo avviato una sorta di immunoterapia”.

Quando invece le condizioni della mamma non lo permettevano perché troppo gravi, “abbiamo separato mamma e bambino, ma abbiamo mantenuto sempre l’allattamento al seno grazie alla spremitura con il tiralatte“.