È guerra aperta tra Mogol e la moglie di Lucio Battisti Grazia Letizia Veronese. I due si contendono da tempo i diritti di 12 album di Battisti, in pratica tutti quelli che il cantante ha scritto in coppia con Giulio Rapetti. Velezia, questo il nome d’arte dell’artista, ha cercato di impedire che i brani in questione venissero diffusi attraverso le comuni piattaforme di streaming, ma ha perso la sua battaglia proprio il mese scorso. A quanto pare, infatti, il catalogo sarà presto disponibile sia su Spotify che sugli altri servizi che prevedono un abbonamento per l’ascolto illimitato di playlist e album. Il tentativo della Veronese, insieme a quello del figlio Luca Filippo, era quello di rispettare la volontà di Battisti, che è sempre stato piuttosto riservato. Battisti, tuttavia, non avrebbe potuto prevedere una tale espansione del fenomeno internet, che ha portato a una sempre più immediata e rapida fruizione anche dei contenuti musicali.



Grazia Letizia Veronese, la Yoko Ono d’Italia

La fama di Grazia Letizia Veronese è quella di una Yoko Ono italiana. Secondo alcuni, infatti, sarebbe stata proprio lei a contribuire all’allontanamento di Battisti da Mogol, che tuttavia non si è mai espresso sul caso. “Delle persone io dico bene, oppure taccio. In questo caso taccio”, ha dichiarato di recente il paroliere. Chi invece non ha taciuto è stata Dalia Gaberscik, figlia di Giorgio Gaber, che ha commentato così il “caso” Battisti: “Quando l’eredità artistica di un grande cantautore non è resa disponibile per le nuove generazioni è sempre un grande peccato. Non conosco i dettagli giudiziari della vicenda Battisti né le intime motivazioni della famiglia e quindi non posso giudicarle. Posso solo dire che, da figlia di un grande artista e da semplice fruitrice di arte, mi piacerebbe che le cose andassero in un altro modo. E che l’immenso patrimonio della produzione di Lucio Battisti fosse considerato un bene comune, accessibile a tutti”.



Dalia Gaberscik dice la sua sul caso Battisti

“Questa”, prosegue Dalia, “è la scelta che noi abbiamo compiuto intorno alla produzione di mio padre Giorgio Gaber. Con la creazione di una Fondazione e poi di un Festival che si occupano proprio di diffondere la conoscenza del suo repertorio e di avvicinare le nuove generazioni di artisti alla sua lezione. Questa scelta di apertura ci aiuta a mantenere viva la produzione del Signor G e, in qualche modo, a farci sentire ancora vicino Giorgio Gaber, anche se purtroppo lui non è più con noi fisicamente”. In seguito, la Gaberscik ha puntualizzato: “Non ho fatto nessun accorato appello, ma ho solo espresso un’opinione e raccontato quello che abbiamo scelto di fare io e mia madre con l’eredità artistica di Giorgio Gaber. Come ho già detto, non conosco le motivazioni della famiglia Battisti e pertanto non le giudico”.

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