Se non ci fosse l’emergenza Coronavirus sarebbe sulle prime pagine (e forse anche le bocche) di mezza Europa e solo nei prossimi giorni si potrà avere la piena “comprensione” di quanto sta accadendo ancora una volta ai confini dell’Europa: sono circa 120 mila i migranti “spinti” dalla Turchia verso le coste della Grecia dopo la crescente tensione per la guerra in Siria e la “rottura” del patto stipulato nel 2016 con l’Unione Europea sulla chiusura dei flussi sulla rotta balcanica in cambio di aiuti economici al Governo di Ankara. Erdogan ha riaperto le frontiere e di colpo più di centomila profughi hanno tentato la fuga verso i confini greci e soprattutto le isolette di Lesbo vicine al Bosforo: l’emergenza rimasta sopita per settimane dopo i “ricatti” del “Sultano” in merito al mancato appoggio europeo nella guerra ad Assad ha trovato un’evoluzione drammatica con i primi scontri tra i militari inviati dal Governo di Grecia e gli stessi migranti, finanche all’uso di manganelli, droni e gas lacrimogeni. L’uso della forza ha “svegliato” l’Europa come al solito tardivamente e pesa enormemente il silenzio “assordante” di Bruxelles e delle principali cancellerie europee mentre le violenze avvenivano al confine con l’Europa stessa. Ora sono stati convocati tutti i board centrali e l’invito è immediato alla Grecia di sospendere le decisioni unilaterali imposte per frenare l’arrivo dei profughi, ma ancora senza una reale soluzione approntata tanto che il Governo di Mitsotakis non si è per nulla convinto a seguire l’invito del pur greco Commissario Ue Schinas e della stessa n.1 della Commissione Ursula Von der Leyen.



SILENZIO UE SUGLI SCONTRI TRA MIGRANTI E MILITARI GRECIA

«Sono 120.000 i migranti che fino a stamani si sono diretti dalle zone interne della Turchia verso il confine con la Grecia per cercare di entrare nell’Ue, dopo che Ankara ha annunciato che non intende più fermarli», scrive  il ministro dell’Interno turco, Suleyman Soylu mentre Erdogan invita l’Europa a farsi carico «della propria parte del fardello». Il rimpallo di responsabilità nelle violenze tra greci e turchi non si arresta così come non si fermano i tentativi dei disperati migranti di raggiungere l’Europa dopo che negli ultimi 4 anni sono rimasti “in trappola” nella terra di mezzo tra la Turchia, la Siria e i Paesi Ue. «Totalmente inaccettabile che questo avvenga alle spalle dei profughi», tuona la Merkel ricordando cosa avvenne solo nel 2015 con l’epopea del “milione di migranti” in arrivo dalla rotta balcanica fino alle porte della Germania: qualche mese dopo venne siglata l’intesa Ue-Turchia sui 6 miliardi di aiuti per assistere siriani e migranti, in cambio Erdogan bloccò i flussi. L’accordo ha funzionato fino ad oggi e si stava cercando di rinnovare questa intesa: Erdogan vuole alzare il prezzo (in forte difficoltà a livello militare e politica e rilancia così contro l’Ue), mentre l’Europa è in grave imbarazzo. La Grecia ha sospeso le domande di asilo senza confrontarsi con Bruxelles, con l’ira della Popolare Von der Leyen e dello stesso commissario greco Schinas (entrambi Popolari come il premier greco). Dall’Austria arriva l’invettiva del Premier Kurz «dalla Turchia questo è un attacco all’Europa». Il tutto mentre resta l’altro caos umanitario a Idlib con quasi un milione di persone (950mila) sotto bombardamenti costanti. Come racconta l’invitato del Corriere della Sera dal confine greco-turco a Kastanies «I migranti che provano a passare vengono accolti a manganellate e lacrimogeni (dai militari greci, ndr). Il governo greco adotta la politica del pugno di ferro: respingimenti ad oltranza, senza eccezioni e nonostante le critiche dell’Onu».

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