È un lungo ragionamento che parte del futuro dei fondi di coesione UE per arrivare fino al criticatissimo Green Deal, quello fatto dal professor Andrés Rodríguez-Pose (che insegna geografia economica alla London School of Economics and Political Science) – anche guida del panel di esperti incaricati dalla Commissione per ripensare l’uso di quegli stessi fondi – sulle pagine del quotidiano Domani; partendo dalle “quattro sfide determinanti” che attendono “la politica di coesione del futuro”.
La prima – spiega Rodríguez-Pose – si parla della “mancanza di competitività” che colpisce tutti e 27 gli stati membri; e mentre la seconda – simile – “riguarda la polarizzazione [e] il dinamismo”, la terza è relativa alla “mancanza di opportunità, soprattutto per i giovani, per le donne e per le fasce vulnerabili” e l’ultima riguarda il tema fondamentale “della necessità di riadattarsi” in un mondo che attraversa un sempre più profondo mutamento delle “catene globali”.
In tal senso i fondi di coesioni secondo Rodríguez-Pose devono diventare uno strumento utile per “creare ricchezza”, scongiurando sia i rischi economici – che lui definisce “molto forti” -, che il “malcontento verso il progetto europeo [e] l’ascesa dei partiti estremi populisti” che rischiano di minare “le basi dell’Europa stessa”. Un piano sicuramente complicato, perché dagli studi fatti dal docente con i suoi colleghi ha capito che l’unico modo per realizzarlo è “cambiare l’intero sistema” attualmente basato “sull’investire nelle regioni meno sviluppate” ignorando quelle che “hanno potenziale” e da tempo faticano a crescere come dovrebbero.
Rodríguez-Pose: “Solo i fondi di coesione possono rendere veramente giusto il Green Deal”
Il problema principale – continua a ragionare Rodríguez-Pose – è che allo stato attuale “i fondi di coesione rappresentano un terzo del bilancio Ue” e sono stati usati soprattutto per scongiurare le emergenze, rendendoli una sorta di “fondo per l’emergenza [che] li rende reattivi invece che proattivi”, facendogli perdere la loro funzione di “fondi di cambiamento strutturale a lungo termine“.
E proprio partendo dalla reale natura dei fondi di coesione Rodríguez-Pose si riallaccia al fondamentale tema del Green Deal, sostenendo che potrebbero essere un metodo altamente efficiente per “preparare la trasformazione [e] creare le condizioni perché si svolga una transizione (..) molto più giusta” aiutando – soprattutto, ma non solo – “le regioni che attualmente dipendono molto da alcuni settori a diventare più resilienti a varie crisi”.
“C’è un problema – continua il professore – di concentramento dei costi della transizione” che finisce per impattare soprattutto sulle “regioni più vulnerabili” che già ora sono “più povere e meno dinamiche” gettando benzina sul “malcontento” e alimentando il potere “delle formazioni euroscettiche” e per “i negazionisti del clima”.