La Green Economy, che prevede l’accompagnamento alla transizione energetica in Italia, come previsto dalle nuove regole europee, imporrà una serie di certificazioni, costi e pratiche burocratiche che potrebbero mettere seriamente a rischio interi settori comportando la perdita di numerosi posti di lavoro. Secondo un’analisi del quotidiano Il Giornale, che ha riportato i dati di uno studio condotto da Confocooperative Censis, la sostenibilità potrebbe costare 5,6 milioni di licenziamenti e la chiusura per 1,5 milioni di aziende coinvolte nelle nuove procedure obbligatorie, che oltre ad essere eccessivamente onerose dal punto di vista finanziario presentano tempi lunghi che ostacoleranno la crescita e la competitività sul mercato.
Specialmente in un momento in cui c’è forte necessità di puntare ad abbassare i costi di produzione, per tenere testa alla concorrenza cinese. Tutto ciò anche al netto di eventuali incentivi e bonus che potrebbero essere garantiti dal governo per far fronte al cambiamento. Un circolo vizioso che parte dai certificati green, senza i quali non si possono ottenere finanziamenti dalle banche, e linee di credito vitali per mantenere le attività nel futuro ed assumere nuove figure come responsabili della sostenibilità che dovranno occuparsi delle pratiche di attestazione.
I costi della green economy per le nuove certificazioni mettono le aziende a rischio chiusura
Come confermano i dati di varie analisi riguardo ai nuovi obblighi imposti dalla green economy per le aziende, che dovranno diventare sempre più sostenibili dal punto di vista ambientale, i costi non saranno altrettanto sostenibili. E tutto ciò, unito alle pratiche burocratiche difficili da seguire, metterà a rischio chiusura numerose attività, comportando anche la perdita di posti di lavoro. Le procedure infatti prevedono vari obblighi e certificazioni da ottenere soltanto dopo aver completato tutti i passaggi. Nei quali sono comprese assunzioni di personale qualificato, spese per consulenze, nuovi impianti energetici, senza i quali non ci saranno più sostegni dalle banche e dallo stato. Anche gli incentivi infatti saranno legati alla transizone green, che ha scadenze brevi. L’allarme è stato confermato dalle associazioni di settore, come ha affermato a Il Giornale Enea Filippini, coordinatore nazionale dell’area Ambiente di Confapi: “Se il passaggio al green non sarà mitigato, chi non riuscirà a portare a termine tutti gli adempimenti, prevediamo milioni di posti di lavoro persi“.
Transizione green, gli errori strategici dell’Europa: “Troppa dipendenza da materie prime cinesi”
Per affrontare la green economy e le nuove regole Ue, ci sarebbe da rivedere la strategia commerciale nei confronti della concorrenza cinese. Come dichiara al Giornale Gianclaudio Forlizzi, fondatore di T-Commodity, società di consulenza sulle materie prime: “Dipendere dalle importazioni cinesi per la transizione green, è un errore enorme, così saremo sempre legati a doppio filo alla Cina per la sostenibilità“. Nel frattempo l’Europa sta facendo troppo poco per aumentare i finanziamenti alle aziende che devono sostenere il passaggio, e non ha attuato misure sufficienti ad abbassare i costi dei metalli fondamentali per la produzione di sistemi energetici rinnovabili e batterie per auto elettriche. E lancia un appello a posticipare l’agenda per gli obblighi green, che andranno diluiti, anche in vista di una risoluzione della situazione internazionale e dei conflitti che pesano ulteriormente sull’aumento dei prezzi.