Più che green pass andrebbe chiamato “lasciapassare”, dunque uno strumento di discriminazione che serve a “esercitare una forma di ricatto-rivalsa contro i non vaccinati”. A dirlo è Francesca Donato, europarlamentare della Lega. I vaccini non sono vaccini, ma “terapie geniche sperimentali e soggette ad autorizzazione condizionata all’uso di emergenza”. Non impediscono il contagio, e non sappiamo ancora come impediscano – e per quanto – a chi ha contratto il Covid di finire attaccati al respiratore. Ma c’è di più, perché il passaporto sanitario italiano “è contrario al principio stabilito nello stesso regolamento europeo che ha introdotto il green pass”.



La Lega ha depositato in commissione Affari sociali alla Camera 916 emendamenti al decreto del governo contenente il green pass. L’Esecutivo Draghi è alla vigilia di una nuova estensione del passaporto verde, che vorrebbe destinare a scuola, lavoro e trasporti. Non sarà facile.

Perché da 20 giorni a questa parte il nostro governo ha intrapreso in modo così deciso il ricorso al cosiddetto “green pass”?



Innanzitutto andrebbe chiamato per quello che è: un lasciapassare. La scelta è stata determinata in primis dall’arenarsi della campagna vaccinale a inizio estate, a causa del calo stagionale di contagi e ricoveri, che stava mettendo a rischio il raggiungimento del target stabilito nell’agenda del premier: il 70% degli italiani completamente vaccinati entro settembre. Poiché gli hub vaccinali venivano disertati dalle persone meno intimorite che nei mesi scorsi, si è deciso di imporre un obbligo surrettizio attraverso restrizioni mirate della libertà individuale per chi sceglie di non vaccinarsi.



È lo stesso fenomeno che abbiamo visto in Francia?

Sì. Il presidente Macron è stato il primo a lanciare questa misura gravemente discriminatoria, dando il “la” agli altri governi che fronteggiavano lo stesso problema.

Qual è l’obiettivo del lasciapassare?

Esercitare una forma di ricatto-rivalsa contro i non vaccinati, anche in funzione “premiale” per chi invece si è docilmente sottomesso alla linea decisa dalle autorità.

Facciamo un passo indietro. Vuole ricordarci brevemente come e quando si è cominciato a parlare in Europa di “pass digitale Covid-19” e qual era il profilo dello strumento?

In Europa si è iniziato a parlare di “green pass” a inizio anno, al fine dichiarato di agevolare la ripresa della libera circolazione fra Stati membri superando le chiusure ai confini nazionali introdotte per fermare la diffusione del virus. Si ricorda il blocco di colonne di camionisti al Brennero perché sprovvisti di test anti-Covid negativo tradotto in tedesco?

E cos’ha fatto la Commissione?

A fronte di differenti documenti e requisiti richiesti da ogni Paese, che comportavano notevoli disagi per chi doveva spostarsi per lavoro o altre esigenze da un Paese all’altro, la Commissione ha proposto un regolamento che uniformasse – pur senza imporlo – i possibili documenti comprovanti l’assenza di rischio di contagio per i viaggiatori in Ue, grazie ad un dispositivo digitale in cui inserire in via riservata, tutelando così la privacy dei cittadini, i dati sanitari sensibili contenuti nei certificati di vaccinazione, di guarigione o di negatività al tampone.

La sua obiezione?

Non era previsto che tale strumento potesse essere usato ad altri fini, mentre veniva specificato che non dovesse essere obbligatorio o in alcun modo discriminatorio rispetto ad alcune categorie di soggetti.

In che cosa il green pass di cui parliamo in questi giorni in Italia è diverso da quello europeo?

Il lasciapassare adottato in Italia e in Francia è tutt’altro: si tratta di un requisito necessario per accedere a luoghi pubblici o aperti al pubblico, che non possono, per legge, impedire l’accesso ad alcune categorie di cittadini, senza incorrere in violazione dell’art. 3 della Costituzione, che vieta ogni discriminazione per qualsiasi causa.

Pensi che il capo del Governo Draghi ha detto che il pass serve a non contagiarsi.

Quello di “garantire la non contagiosità” dei cittadini muniti di pass nei luoghi affollati o chiusi è un pretesto del tutto infondato, visto che ormai è noto e dimostrato come i vaccini non proteggano dall’infezione e quindi non fermino la circolazione del virus.

Il lasciapassare è illegittimo?

In assenza di valide ragioni scientifiche e di ogni utilità nel proteggere la salute collettiva, ne discende che questo strumento è assolutamente illegittimo, sia perché viola gli art. 3 e 32 della Costituzione, sia perché è contrario al principio stabilito nello stesso regolamento europeo che ha introdotto il “green pass”, ovvero quello per cui è necessario impedire ogni discriminazione nei confronti dei cittadini europei non vaccinati per qualunque causa, inclusa la libera scelta.

Che sviluppi prevede per questa vicenda?

I giudici italiani a cui verranno probabilmente indirizzati numerosi ricorsi contro le esclusioni dalla vita sociale gravemente discriminatorie prodotte da questo strumento, saranno tenuti a disapplicare il decreto che l’ha introdotto, nel rispetto del quadro normativo europeo che vede la prevalenza dei regolamenti Ue sul diritto interno.

Perché il regolamento Ue 2021/953 che ha introdotto il Covid Certificate a livello europeo per la circolazione fra Paesi membri ha avuto bisogno di una rettifica in traduzione italiana?

Perché presentava una rilevante omissione proprio nella parte in cui precisava la necessità di non discriminare chi non è vaccinato “perché ha scelto di non farlo”. Appena ci siamo accorti della difformità fra testo originale e traduzione italiana, ho personalmente chiesto la rettifica immediata al presidente Sassoli, come da regolamento del Pe, ottenendola nel giro di pochi giorni.

Perché il governo italiano utilizza il green pass per introdurre un obbligo vaccinale di fatto quando sarebbe più semplice introdurre l’obbligo di vaccinazione con una legge ex art. 32 Cost.?

Il governo non azzarda l’introduzione di un vero obbligo vaccinale generalizzato per diverse ragioni. Intanto, sarebbe l’unico governo al mondo a farlo, segnando un primato di certo non felice in termini di compressione della libertà individuale. Questo, in particolare, alla luce del fatto che i prodotti di Pfizer, Moderna, etc. attualmente utilizzati non sono dei veri e propri vaccini, ma delle terapie geniche mai utilizzate prima sull’uomo e autorizzate in via condizionata all’uso di emergenza dall’Agenzia europea del farmaco. Tali terapie sono notoriamente inidonee a impedire infezioni e contagi – che infatti non sono mai mancati fra i vaccinati – e per questo sono quasi del tutto inutili rispetto alla versione mutata del virus, che ormai è quella prevalente, perché “tarati” sul virus di Wuhan che circolava già due anni fa. Pertanto, una legge che introducesse un obbligo a ricevere questi “vaccini” – che tali non sono – difficilmente verrebbe confermata dal Parlamento e presenterebbe in ogni caso gravissimi vizi di incostituzionalità e contrarietà al regolamento europeo sopra citato.

Quelle che ha detto sono le sole ragioni per le quali si oppone all’obbligo vaccinale?

No. Mi oppongo anche e soprattutto per la mole preoccupante e in costante crescita di reazioni avverse gravi e gravissime a questi prodotti. La vita e la salute umana, specie quando si parla di persone sane e anche giovani o giovanissime, è il primo valore da difendere. Peraltro, gli uffici degli assessorati regionali stanno già ricevendo molte richieste di risarcimento dei danni da vaccino anti-Covid e mi chiedo come il nostro governo potrebbe fronteggiare gli oneri risarcitori che deriverebbero da un obbligo generico.

Qual è la sua posizione sugli obblighi vaccinali per la prima infanzia?

Ho in passato espresso alcune preoccupazioni, motivate anch’esse dalla presenza di casi di effetti avversi molto gravi dovuti ad alcuni eccipienti contenuti nelle formulazioni di quei prodotti e dalla somministrazione cumulata di ben sei vaccini ai lattanti, che secondo alcune autorevoli opinioni scientifiche possono determinare reazioni pericolose. In generale, ritengo che l’obbligo non dovrebbe sussistere per nessun trattamento sanitario.

E quanto all’obbligo di vaccinazione anti-Covid per il personale sanitario?

Sono assolutamente contraria. Lo stesso per qualunque altra categoria di lavoratori.

Le agenzie per il farmaco europea e italiana hanno fornito valutazioni rischi/benefici favorevoli.

La valutazione rischi/benefici andrebbe parametrata per fasce d’età e non espressa in modo generico e superficiale come hanno fatto sinora le agenzie Ema e Aifa. In Germania ad esempio, per la fascia dei bambini e adolescenti l’istituto di sanità ha ritenuto che i rischi superino i benefici.

Allora che cosa serve per una corretta valutazione dei rischi?

Ci vorrebbe un sistema di sorveglianza attivo, che non c’è. Oggi i dati su effetti avversi, decessi inclusi, dipendono dalle sole segnalazioni spontanee, che sono di fatto molto limitate da difficoltà burocratiche e fattori personali. Mi consta che molti casi di decessi anomali post vaccino non vengano segnalati né indagati tramite esami autoptici, quindi non vengono conteggiati. Pertanto i dati e le statistiche risultano inattendibili in quanto falsati per difetto.

Non ritiene neppure che i benefici siano evidenti?

I cosiddetti “vaccini” non proteggono dall’infezione e non fermano il contagio, specie rispetto alle varianti, oggi prevalenti. Quindi i dati sull’efficacia annunciati dalle case farmaceutiche produttrici sono smentiti dalla realtà dei fatti.

Però i vaccini impediscono per ora di ammalarsi gravemente e di finire in terapia intensiva.

La riduzione delle forme gravi della malattia ritengo sia ottenibile con maggiore sicurezza tramite le cure precoci, che tuttora sono carenti, o da farmaci molto efficaci che già esistono ma che non sono autorizzati in Italia come l’Ivermectina. Nel frattempo, l’efficacia dei “vaccini” non trova al momento alcun riscontro in studi scientifici.

Il Comitato nazionale di bioetica in un suo parere ha detto che la volontà del minore di vaccinarsi, in quanto coincide con l’interesse della salute pubblica, prevale sui genitori contrari. Come commenta?

Questo parere del Comitato di bioetica è irricevibile sotto ogni profilo, sia etico che giuridico. Lo giudico semplicemente vergognoso.

La risoluzione 2361 del Consiglio d’Europa chiede agli Stati di garantire il risarcimento dei danni derivanti dalla vaccinazione. Ma l’Italia non ha aderito alla richiesta di Strasburgo.

La risoluzione 2361 del Consiglio d’Europa non ha valore vincolante per i Paesi membri, ciò nonostante ribadisce valori e principi scritti nella Carta europea dei diritti dell’uomo e pertanto non andrebbe bypassata come invece si è fatto sinora. La violazione dei principi in essa espressi avrà conseguenze a livello di giurisprudenza europea.

Quali iniziative state assumendo come parlamentari della Lega nelle sedi europee?

Oltre al lavoro sugli emendamenti ai testi legislativi e agli interventi nei dibattiti e nelle audizioni in Commissione e in plenaria, abbiamo presentato diverse interrogazioni scritte alla Commissione. Io ad esempio ho chiesto chiarimenti sull’autorizzazione all’uso dei “vaccini” sui minori proprio per l’assenza dei presupposti indicati nel regolamento europeo che disciplina il rilascio delle autorizzazioni all’uso di emergenza. Ma non ho mai ricevuto risposta.

(Federico Ferraù) 

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