C’era una spada di Damocle che pendeva sulla testa degli albergatori italiani: l’obbligo per gli ospiti della certificazione anti-Covid per potere accedere alle sale di ristorazione al chiuso. Un ostacolo per i clienti già presenti in struttura, o magari con figli non ancora vaccinati, non per loro volontà. Allora diciamolo subito: i clienti degli alberghi che vogliono accedere ai ristoranti e ai bar nelle strutture sono esentati dall’utilizzo del green pass. “Finalmente un’ottima notizia – ha commentato a caldo Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi, l’associazione di categoria che, insieme con le sigle facenti capo a Confindustria, s’era maggiormente battuta contro la ventilata estensione dell’obbligo –, una notizia che merita un sentito grazie al ministro Massimo Garavaglia, che s’è battuto per noi”.
La decisione non è stata una passeggiata, ed è transitata attraverso uno spazio cospicuo nella lunga discussione, ieri pomeriggio, nella cabina di regia tra i capigruppo della maggioranza – una parte della quale avrebbe voluto introdurre anche per gli alberghi l’obbligo – e successivamente nel Consiglio dei ministri (la conferenza stampa finale è stata affidata ai ministri Patrizio Bianchi, Istruzione, Roberto Speranza, Salute, ed Enrico Giovannini, Infrastrutture e Trasporti). Alla fine si è deciso però di mantenere invariata la norma attuale (stabilita dal decreto dello scorso 22 luglio).
Oggi, dunque, scatta il green-day, con il pass obbligatorio per accedere ad alcuni luoghi al chiuso, come i ristoranti (salvo l’eccezione che si diceva sopra) e i bar, nel caso si voglia consumare al tavolo, ma anche a musei, mostre, palestre, piscine, parchi di divertimento, feste e strutture sanitarie. Il perimetro del pass (ottenibile dopo la vaccinazione, la guarigione o un test molecolare negativo) s’allargherà anche ai trasporti a lunga percorrenza (solo dall’1 settembre e fino al 31 dicembre, scadenza dello stato d’emergenza), con conseguente capienze aumentate dal 50 all’80% (Alta velocità, Intercity, aerei, traghetti extraregionali, autobus inter-regionali), mentre non contemplerà il trasporto pubblico locale (treni regionali, traghetti intra-regionali, bus e metropolitane, con capienze rimaste all’80%).
Se per molti l’estensione del green pass contribuirà a dissolvere le incertezze e i timori, aiutando complessivamente l’industria turistica (per Assoturismo “l’estate rischiava di sprofondare nei pericoli dettati dalla paura: l’introduzione del pass può fornire invece maggiori certezze sia in termini di salvaguardia personale, che in ottica di propensione del turista alla partenza”), resta per ora insoluto qualche problema legato all’organizzazione dei controlli, sia nei trasporti, sia e forse soprattutto nei bar e nei ristoranti, dove gli esercenti sono chiamati a verificare il pass e la sua titolarità. E cioè oltre al green pass (vidimabile con l’app VerificaC19, sviluppata dal ministero alla Salute) il cliente sarà tenuto ad esibire anche un documento di identità, visto che il Qcode potrebbe essere mutuato da qualche altra persona, se non addirittura falsificato (già in rete ne circolano a bizzeffe).
Ma proprio questo controllo di identità sta ponendo molti dubbi. L’onere dei controlli è affidato (dal dl in Gazzetta Ufficiale dal 23 luglio) a “pubblici ufficiali nell’esercizio delle relative funzioni; personale addetto ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico o in pubblici esercizi; i soggetti titolari delle strutture ricettive e dei pubblici esercizi per l’accesso ai quali è prescritto il possesso di certificazione verde Covid-19, nonché i loro delegati” e altri ancora.
“La responsabilità dell’uso improprio del green pass – sostiene Aldo Cursano, vicepresidente vicario di Fipe-Confcommercio – non può ricadere sulle imprese ed è per questo che fin dall’inizio avevamo sostenuto la procedura dell’autocertificazione, che è stata alla base di tutte le norme varate nei momenti più complicati della pandemia. Occorre immediatamente correggere una distorsione che le imprese faranno fatica ad applicare”.
E c’è già qualcuno che annuncia ricorso. Come l’assessore piemontese agli Affari legali, Maurizio Marrone, che ha scritto al Garante nazionale della privacy “per avere conferma che agli esercenti privati non possano, e non debbano, essere attribuite funzioni tipiche dei pubblici ufficiali”. Per l’assessore “hanno ragione le associazioni di commercianti ed esercenti quando affermano che un ristoratore non ha alcun obbligo e titolarità di identificare i propri clienti esigendo l’esibizione dei documenti di identità, quantomeno nell’ordinamento giuridico italiano”.