Il mondo della sanità non cessa di sorprenderci ogni giorno di più… Per le sue contraddizioni e per l’assoluta disparità di trattamento che c’è tra malato e malato!

Mentre la pandemia da Covid vanta la più ampia attenzione che ci sia mai stata nell’ultimo secolo per una qualsiasi altra patologia, i malati di cancro, per citare solo un’altra patologia non meno grave, si sentono assolutamente trascurati: screening fermi; prime visite al rallentatore; accertamenti diagnostici rimandati alle calende greche; riabilitazione, fisica e psicologica, praticamente negata; follow up incompleti e spesso non attendibili.



Per non parlare dei malati cardiopatici o di quelli affetti da altre gravi e diffuse patologie come il diabete. Tutti praticamente fermi ai blocchi di partenza: diagnosi ritardate, trattamenti e interventi chirurgici dilazionati: tutto sospeso, a meno che i pazienti non ricorrano alla sanità privata, con costi difficilmente abbordabili dalla maggioranza della gente.



Eppure per il Covid non si bada a spese: ospedali riservati; percorsi agevolati e vaccini on demand, per lo meno tre. Ma per chi lo desidera, in base alla sua condizione più o meno immunodepressa, è in arrivo anche il quarto vaccino. Basta chiedere e l’Aifa ha già dato il segnale di disco verde. Per non parlare di quella decina di milioni di italiani non ancora vaccinati, che sono non più corteggiati ma ormai ricattati se non accedono quanto prima ai vaccini.

Ricorderemo questi anni di pandemia come gli anni della dittatura Covid: senza il green pass non si va da nessuna parte. Non si va al cinema, ma neppure allo stadio; non si entra in un museo ma neppure al ristorante; non si va né a scuola e neppure a lavorare. Viceversa, basta mostrare il Green pass nelle sue molteplici forme cartacee o elettroniche e le porte si spalancano, come nell’ultima canzone di Adriano Celentano.



Covid, finirà davvero lo stato di emergenza?

Non stupisce, in questa prospettiva, che le attese di tutti siano rivolte alla fatidica data del 31 marzo, quando dovremmo assistere alla più grande liberalizzazione mai avvenuta nel nostro paese. Qualcuno parla perfino di liberazione. Tutti liberi, tutti a casa, o tutti dove vogliono, come sta già accadendo in molti altri Paesi europei con cui abbiamo condiviso la drammatica avventura del Covid-19.

Sono passati due anni dalle prime ordinanze firmate dal ministro della Salute, Roberto Speranza, che d’accordo con l’allora premier Conte, iniziò a “chiudere” l’Italia. Ma dopo la fatidica data del 31 marzo 2022 l’Italia ricorderà il periodo in cui era in lockdown come un incubo che spera non torni mai più. La parola magica per far ingoiare agli italiani quella insopportabile limitazione di tutte le proprie libertà era “stato di emergenza”, in atto ormai da oltre 24 mesi ininterrotti.

E ora, tra l’incubo da cui non siamo ancora usciti e il sogno che speriamo diventi realtà, si collocano però nuovi venti di guerra, nuove circostanze di rischio, come ha annunciato lo stesso Speranza apparso l’altro ieri in televisione, dove ha annunciato, con il suo classico candore, che ormai preoccupa più di quanto non rassereni: “Alcune cose dovremo conservarle.  Per esempio il green pass e le mascherine al chiuso… per tutti, mentre la quarta dose sarà riservata ai pazienti immunodepressi, per ora… ma dovremo valutare il richiamo per tutti dopo l’estate”. In altri termini, tutto cambia, ma in realtà tutto resta uguale e per il ministro la minaccia di una ripresa della pandemia continua a pendere sulle nostre teste.

L’autunno per il ministro Speranza è alle porte

Ma allora che significa essere usciti dallo stato di emergenza; che senso ha aver vaccinato il 91% della popolazione, se poi lo stesso ministro, facendo un salto di sei mesi, si proietta nel prossimo autunno, ipotizzando non solo un riacutizzarsi dell’azione del virus, magari con qualche ennesima variante, ma anche un potenziale ritorno al lockdown e alla ri-vaccinazione di massa? “Molti hanno cambiato linea dieci volte: apriamo, chiudiamo, vacciniamo, anzi no. Io ne ho sempre avuta una sola: l’evidenza scientifica. La storia ci ha detto che non c’era alternativa al lockdown”…

È sempre stata la grande linea di difesa del ministro Speranza: la scienza ha detto, la scienza comanda e noi eseguiamo. La scienza ha le sue ragioni, raccoglie i dati, elabora le ipotesi, le controlla e poi suggerisce una linea di condotta. Ma è il decisore politico, il ministro della Salute in questo caso, che valuta i dati elaborati dal Comitato tecnico-scientifico, li confronta con quelli che emergono da un più ampio quadro politico: colleghi che si occupano di lavoro, di scuola, di pubblica amministrazione e di trasporti, ma anche di finanze e di economia; analizza le proposte in Consiglio dei ministri, si confronta con il premier e se necessario sente anche il presidente della Repubblica, ma sa bene che, pur essendo la salute un diritto fondamentale, non è comunque l’unico diritto dei cittadini e sviluppa una strategia in cui la salute è un bene che passa anche attraverso la comunicazione, la speranza di un futuro più ottimista e la concreta soluzione di mille altri problemi. Compresi i problemi dei malati non-Covid, che da oltre due anni aspettano risposte e soluzioni per rivendicare anche loro il medesimo diritto alla salute dei pazienti Covid e cominciano a percepire con un disagio crescente l’evidente discriminazione tra gli uni e gli altri.

N.B. Ultimo, ma non ultimo: dopo le assai poco rassicuranti parole del ministro Speranza sull’andamento del Covid, finalmente è apparsa in tv la faccia serena e rassicurante della Regina Elisabetta. Nonostante le precauzioni, nonostante il ruolo, l’età e tutto quel che si vuole immaginare, il suo sorriso rassicurante e ottimista, anche sull’andamento della sua personale malattia da virus, è stato un balsamo, per gli inglesi, ma anche per noi italiani. La regina sta quasi bene, i sintomi sono in forma molto leggera, e le cerimonie per il suo straordinario Giubileo di Platino sono tutte confermate. Dio salvi la Regina… e anche noi!

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