Carlo Pelanda, economista, è per vaccinare tutti senza perdere tempo. Loda la capacità dell’Italia di aver fatto con successo una vaccinazione di massa, ma esorta il governo a fare presto perché il lavoro non è finito e “la cosa più sbagliata che si possa fare è invocare una libertà di non-vaccinazione”. I problemi costituzionali e quelli politici? Inesistenti. No vax e free vax? Paturnie oscurantiste. Il fatto è che secondo Pelanda si aprono nuove sfide e noi non siamo pronti. “Il cambiamento climatico” dice il professore al Sussidiario “non verrà fermato dalle iniziative dell’Unione Europea e porterà una serie di eventi patogeni ad imporsi in aree dell’emisfero nord, dove la popolazione non è pronta”. Occorre cambiare atteggiamento e assumere iniziative politiche più radicali. Cominciando proprio dagli stati di emergenza.



Il governo corre troppo rapidamente verso l’obbligo vaccinale?

No, affatto. È quello che deve fare. Ciò che non deve fare, invece, è farsi frenare da troppe paturnie oscurantiste.

Cosa pensa di quanto fatto finora?

Sono rimasto positivamente colpito dalla capacità dell’Italia di fare una vaccinazione di massa. Adesso bisogna completarla.



Come?

La strada scelta, il passaporto vaccinale, è quella giusta: un obbligo non dichiarato ma fattuale, che si rivela secondo me un sistema molto persuasivo e potente per indurre alla vaccinazione. Non solo contro il Covid.

E contro cos’altro?

C’è una doppia sfida. Occorre preparare la popolazione al presidio medico in vista di future situazioni di questo tipo. Che potrebbero essere molto più pesanti.

Che cosa glielo fa dire?

Il cambiamento climatico. Che ovviamente non verrà fermato dalle iniziative dell’Unione Europea e porterà una serie di eventi patogeni ad imporsi in aree dell’emisfero nord, dove la popolazione non è pronta e non è immunizzata. Inoltre andiamo incontro a nuovi importanti rischi. L’evoluzione della scienza, della biochimica e della biogenetica spalancano nuove possibilità per chi vuole usare questi mutamenti come arma.



Se lei fosse al governo?

Costruirei una struttura per vaccinare in tempi rapidissimi e farei pressione sulle aziende farmaceutiche per avere un nuovo vaccino in formato pillola.

Cosa pensa di quello che sta accadendo nelle piazze italiane?

Le posizioni che difendono la libertà di non vaccinarsi sono semplicemente inconsapevoli. Andrebbe rifinita la dichiarazione di emergenza: occorre sospendere le libertà e procedere all’obbligo vaccinale per tutti senza intoppi.

E chi non può?

Deve avere diritto a un test medico che certifichi la sua incompatibilità con i vaccini. È un’evoluzione necessaria.

In che senso?

Finora non lo si è fatto perché c’era la priorità statistica di ridurre il numero delle ospedalizzazioni. È lo stesso motivo per cui i vaccini sono stati rilasciati con codice di urgenza.

E adesso?

Siamo all’inizio di una nuova era, segnata da una fase di apprendimento. In questa fase la cosa più sbagliata che si possa fare è invocare una libertà di non-vaccinazione. La cosa giusta sarebbe semmai quella di invocare una migliore organizzazione medica affinché la vaccinazione diventi più sicura.

Anche lei trova che sia stata la Francia ad imporre un’accelerazione alla politica italiana e al governo Draghi?

È l’unica cosa buona che ha fatto la Francia.

Le resistenze degli italiani?

Devono essere messi in condizione di scegliere. O si vaccinano o non lavorano.

Come mai è così severo?

Sono esperto di gestione dell’emergenza di massa e ho lavorato parecchio con le Nazioni Unite sulla gestione delle emergenze. In ogni emergenza c’è puntualmente il problema del contrasto tra elementi di libertà e di opinione e provvedimenti da adottare. Occorre combattere l’emergenza con la tecnologia, la cosa peggiore è dibattere su presunte libertà e perdere tempo.

Si possono vaccinare i cittadini contro la loro libertà? Basta una legge?

Non è libertà, è oscurantismo. Lo schema è molto semplice: estensione del green pass, neutralizzazione delle resistenze, lavorare tutti. Serve un aumento degli investimenti a breve sulle strutture mediche.

Non ignorerà che siamo in un periodo di sperimentazione di vaccini.

Non è un fatto secondario, ma cosa facciamo? Aspettiamo tre anni per chiudere la sperimentazione mentre nel frattempo muoiono altre migliaia di persone? Ripeto, manca una cultura dell’emergenza. Non soltanto riguardo alla pandemia; dobbiamo svilupparla in fretta, soprattutto per fare fronte al cambiamento climatico. Che non verrà fermato.

Cosa dobbiamo fare?

Eco-adattarci. Costruire strutture che ci mettono al riparo da eventi estremi, puntare su strutture serie di decarbonizzazione, non certo le idiozie che ha proposto la Commissione europea con il green new deal.

Insomma vivremo di emergenza. Altro che normalità.

Il confine tra le due andrebbe teoricamente accentuato. Ho avuto recentemente un confronto su questo con numerosi colleghi di ogni provenienza.

E che cosa è emerso?

La necessità di costruire meglio le dichiarazioni di emergenza. Queste dovrebbero sospendere le libertà oppure condizionarle? Io sono per la seconda via; la prima non nominiamola nemmeno.

È molto dibattuto il tema della vaccinazione dei minori. Che cosa dovrebbe fare il governo?

Renderla obbligatoria, previa visita medica con il compito di stabilire l’idoneità vaccinale e le eventuali contromisure necessarie a minimizzare gli effetti collaterali del vaccino. In ogni caso va garantita la sorveglianza.

(Federico Ferraù) 

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