“Le cose vanno fatte perché si devono fare, non per avere un risultato immediato”: non poteva essere più Mario Draghi nel descrivere il suo modo di governare. La citazione è di Beniamino Andreatta, ed è servita al premier per ricordare che solo in questo modo si potrà trarre il massimo del beneficio dal Pnrr.

Si badi bene: Draghi è troppo avveduto per tradurre questa massima in una marcia a tappe forzate. Si sta dimostrando abile nel giocare con il freno e l’acceleratore. La vicenda dell’estensione dell’uso del green pass lo dimostra. Si avanza con cautela, magari concedendo qualche pausa a quei partiti che faticano a tenere il passo. Ma il sentiero è tracciato, oggi il Consiglio dei ministri è chiamato a vare un decreto legge che estende l’uso della certificazione anti-Covid praticamente a tutto il mondo del lavoro, pubblico e privato.



Palazzo Chigi ha fatto opera di convincimento, ha giocato sulle divisioni nei partiti, in primis nella Lega, ha costruito il consenso con le parti sociali. Poi ha accelerato. Ha dato cioè il tempo a Salvini di correggere il tiro, così da non apparire sconfitto su tutta la linea, anche se certo il leader del Carroccio esce dalla vicenda ammaccato. E deve registrare che la linea di strizzare l’occhio ai no vax risulta contestata da tanti, da Giorgetti ai governatori, Zaia e Fontana in testa. Respinte senza troppe difficoltà anche le critiche rumorose della Meloni. Non si tratta di una legge sull’obbligo vaccinale, che avrebbe semplificato la vita ai sindacati, ma dell’estensione di uno strumento che spinge fortemente nella direzione del vaccino, pur senza imporlo apertamente. E così anche l’apparenza della libertà di scelta è stata salvata e a chi proprio non vuole vaccinarsi non rimane che l’arma dei tamponi ogni 48 ore.



Certo, le contraddizioni non mancano, come la mancata estensione del green pass alle aule parlamentari in nome di una presunta impossibilità di limitare l’azione di un parlamentare nell’esercizio delle sue funzioni, come ha invocato il dem Orfini, finendo nell’occhio del ciclone delle polemiche. E non è detto che l’onda lunga di Draghi non arrivi sino ai luoghi della democrazia sulla scia del nuovo decreto.

La politica dei piccoli passi, o quella del carciofo, una foglia dopo l’altra, rappresenta ormai il modus operandi dell’ex numero uno della Bce. Si era già visto nelle passate settimane, e ne avevano fatto le spese altri partiti, come i 5 Stelle sulla riforma della giustizia. E quando i temi sono troppi, o troppo controversi, come la delega sulla concorrenza, meglio rinviare e consolidare il terreno. I detrattori del premier hanno imparato che non si tratta affatto di cedimenti, ma solo di ritirate strategiche, dopo le quali la marcia riprende verso l’obiettivo dichiarato.



La prossima sfida sarà di tamponare l’aumento selvaggio della bolletta elettrica, e non sarà facile. Ma in ogni passaggio Draghi può contare su una sponda discreta, ma solida. Sergio Mattarella, che lo ha chiamato a caricarsi il fardello del governo del paese, lo supporta in ogni modo. Non si contano le volte in cui il Capo dello Stato ha insistito su due obblighi morali: il vaccino, definito un dovere civico, e lo sfruttamento oculato dei fondi stanziati dall’Europa con il programma Next Generation Eu. Sono esattamente le due missioni per cui è nato il governo Draghi: combattere la pandemia e far ripartire l’economia.

Effetto (positivo) collaterale di questo asse di ferro è l’aver tenuto sin qui a bada tutte le elucubrazioni intorno alla scelta del futuro presidente della Repubblica. Gran parte della partita si gioca intorno alle intenzioni di Mattarella e Draghi. E la corsa verso il Quirinale rischia di avvelenare i pozzi sulla pista del governo. Sino a fine anno almeno l’assoluta sintonia fra i due garantisce la marcia spedita dell’esecutivo, confinando nell’ambito del chiacchiericcio fastidioso qualunque tipo di elucubrazione presidenziale. Una fase non lunga, ma sufficiente per fare passi avanti decisivi in direzione dell’attuazione del Pnrr. Varata la legge di bilancio, passaggio cruciale, questa situazione di stabilità relativa finirà. Ma molti tasselli del puzzle di riforme chieste dall’Europa saranno ormai al loro posto.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI