Ha fatto molto rumore – soprattutto in Germania – la partecipazione di Greta Thunberg al corteo pro-Palestina che si è tenuto in quel di Berlino lo scorso 7 ottobre in occasione dell’anniversario di questa fase della guerra israelo-palestinese: l’attivista climatica durante il corteo che procedeva al grido di “Palestina libera” indossava la classica kefiah diventata il simbolo della lotta palestinese durante le famose intifade che si sono tenute tra il 1987 e il 2015 e non si sarebbe risparmiata alcuni feroci attacchi contro Tel Aviv una volta giunta sul palco alla fine del corteo.



La presenza di Greta Thunberg – dicevamo – ha agitato non poco le acque tedesche, tanto che in due momenti diversi sarebbe stata criticata sia dall’esponente dei Verdi (nonché ministro dell’agricoltura) Cem Özdemir che dalla politica CDU Isabell Huber: quest’ultima ha definito “insopportabile” il cambiamento di bandiera da parte dell’attivista climatica; mentre il Verde – in una brevissima intervista con Sandra Maischberger – ha definito “terribile e brutto” il sostegno di Greta Thunberg alla causa di Hamas, sottolineando che “tutti (..) dovremmo riconsiderare ciò che pensavamo e dicevamo di questa giovane donna“.



Dopo le critiche in Germania Greta Thunberg approda a Milano per il corteo dei Fridays for future

Insomma, sembra che siano sempre più frequenti e dure le voci contro Greta Thunberg che pian piano si sta allontanando anche da quelli che erano sempre stati tra i suoi più fermi sostenitori (come, appunto, i Verdi); ma – d’altra parte – sembra che questo non interessi particolarmente all’attivista climatica che dopo la tappa tedesca il 7 ottobre e approdata anche sul nostro territorio per partecipare – proprio oggi – al corteo Fridays for future che si è tenuto nel pomeriggio a Milano, profondamente intrecciato con la causa palestinese.



Con il suo classico megafono – e l’ormai immancabile kefiah al collo – Greta Thunberg ha ricordato alla platea di giovani al suo fianco che è un presupposto fondamentale di ogni “attivista per il clima [lottare] per la liberazione della Palestina e per la fine del colonialismo e dell’oppressione“, sottolineando che “il silenzio è complicità” e che il “genocidio” in corso a Gaza è una “questione umanitaria di base” che dovrebbe interessare ogni singola persona al mondo.